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Channel: Elementi di critica omosessuale
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L'omo paranoia dei media italiani. Sul bacio di protesta delle atlete russe Tatyana Firova e Kseniya Ryzhova. .

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Vi ricorderete di questa foto che ha girato sulla rete durante i Mondiali di Atletica a Mosca.


Questo bacio delle atlete russe  Tatyana Firova e Kseniya Ryzhova è stato letto come bacio di protesta contro la legge antigay di Putin.

Un bacio definito coraggioso che, secondo alcuni commentatori e commentatrici della rete, avrebbe prodotto sgomento nelle altre due atlete che hanno assistito a quel bacio strano.

Saremo anche nell'epoca della civiltà delle immagini e eppure ci dimentichiamo sempre che uno scatto fotografico può estrapolare un gesto congelando un dettaglio che, visto nella sua interezza, acquisisce un significato diverso.

Lo possiamo facilmente verificare guardando al video di quel bacio.




Non solo si è trattato di un bacio a stampo ma se lo sono date tutte e quattro le atlete, in segno evidente di affetto amicale e di solidarietà sportiva e sororale.



D'altronde basta pensare al bacio slavo, come quello celebre tra Breznev e il Presidente della Germania dell'Est Erich Honecker immortalato dal fotografo francese  Régis Bossu, nel 1979



 
 
Dopo la caduta del muro di Berlino, nella primavera del 1990, diversi artisti provenienti da 21 paesi hanno decorato una parte del muro lasciata in piedi per memoria storica con 106 dipinti murali di grande formato.
L'artista russo Dimitri Vrubel trasse il suo dipinto murale dalla foto di Bossu intitolandolo  "Il bacio fraterno" accompagnandolo con la scritta "Dio aiutami a sopravvivere a questo amore mortale", che, restaurato nel novembre 2009, è tra le opere più famose del complesso artistico dell'East Side Gallery il tratto più lungo del Muro di Berlino tra quelli ancora conservati, lungo 1,3 chilometri.
(ringrazio il blog Prospettiva Internazionale dal quale ho preso le informazioni)

Io ho una borsa con il dipinto murale di Vrubel.

Una borsa che porto tranquillamente a scuola dove un giorno, durante la ricreazione, mentre io mi accingo ad andare in classe, incrocio sulle scale uno dei miei studenti di 14 anni, che si ferma, guarda la mia borsa divertito e mi dice
non è un bacio gay vero? 
No - gli rispondo - sono il presidente dell'allora URSS Breznev e il Presidente della Germania dell'Est Erich Honecker. E' un bacio di saluto ad un incontro ufficiale. I russi si baciano così.

Quindi se io penso che è un bacio gay
- riprende il mio studente - è un esempio di pregiudizio vero? 
E io  .
E tutto contento il mio studente se ne va.

Quello che mi preoccupa di questa storia non è tanto l'ignoranza della stampa italiana che non ha pensato all'origine culturale di quel bacio, ma al fatto, maschilista e omofobico, che se due donne (come due uomini) si baciano sulle labbra, anche se con un bacio a stampo, quel bacio le qualifica come lesbiche (come gay).

Il bacio è un gesto di affetto che ha mille diversi significati e che dovrebbe essere agito liberamente da chiunque lo voglia dare e da chiunque lo voglia ricevere senza catalogazioni alcune.
Un bacio tra due donne o tra due uomini non qualifica le persone coinvolte nel bacio come omosessuali intanto perchè una o entrambe le persone potrebbero anche essere bisessuali e poi perchè ci si può baciare anche tra amici.

Io al liceo, quindi 30 anni fa, salutavo un mio compagno di classe con un bacio, a stampo, sulle labbra.  
Un bacio (che a me sarebbe piaciuto fosse altro, ma, come al solito, divago) che nessuno pensava minimamente fosse un bacio gay ma un saluto tra due amici intimi.

Invece il bacio delle quattro (e non due) atlete è stato descritto dalla nostra stampa come bacio saffico,bacio lesbo o addirittura bacio gay come fa l'Unità, come se la cosa più importante non fosse che il bacio è tra due donne (dire il bacio tra le atlete è più che sufficiente per dare questa informazione come fanno alcuni quotidiani a dire il vero) ma che quel bacio tra donne è un bacio diverso dagli altri baci, che va qualificato con epiteti (saffico) o aggettivi (lesbico) a differenza dei baci etero che, essendo la maggioranza (la norma, la normalità), non devono essere distinti perchè sono il bacio per antonomasia senza bisogno di aggettivo alcuno.

Un po' come capita, mutatis mutandis, con quel maledetto articolo la davanti ai cognomi di donne (la Parietti, la Boldrini) che sta tornando in auge anche sulla stampa di sinistra (manifesto in testa una volta più attento al sessismo linguistico), non usato per i cognomi di uomini perchè il sesso per antonomasia, quello che non merita di essere specificato, è sempre e solo quello maschile.

Il concetto di orientamento sessuale è importante per descrivere le persone e per permettere a ognuno e ognuna di noi di costruirci una nostra identità sessuale.


Una società libera e aperta dovrebbe accettare però un bacio tra due ragazzi o due ragazze non già come bacio gay  e lesbico ma come bacio e basta.

Perchè l'affetto e la sessualità sono  di tutti e tutte non di questa o di quella categoria.

E che quello che importa e tutto quello che c'è da dire sul bacio delle atlete russe è che due donne si sono baciate, senza chiederci nulla sul loro orientamento sessuale, senza definire quel bacio con un aggettivo che lo colleghi a un orientamento sessuale (che ci si dimentica sempre che sono tre e non due).

Perchè un bacio è lo stesso qualunque sia l'assortimento sessuale delle due persone che se lo danno.

Altrimenti rischiamo di dividere l'umanità in una serie di categorie di persone che sono le uniche autorizzate ad avere certi comportamenti: non solo dunque se due donne si baciano sono sicuramente lesbiche ma, suo reciproco, solo due lesbiche possono baciarsi.

Due donne etero no, perchè se due donne sono etero che si baciano a fare?!?
Allora vuol dire che tanto etero non sono e sono dunque lesbiche (tertium non datur).

La bisessualità quella all'interno della quale secondo Kinsey ci collochiamo tutti e tutte non esiste.

Si parla tanto di minoranza delle persone omosessuali senza renderci conto che l'omosessualità e l'eterosessualità pure sono entrambe una minoranza e che mediamente ci assestiamo tutti nel continuum della bisessualità sul quale in fasi diverse della nostra vita ci spostiamo ora più verso un polo ora verso l'altro.

Il comportamento sessuale riguarda tutte e tutti solo che socialmente siamo più propensi e propense ad accettarlo disinnescandone il portato omosessuale inserendolo in cornici di riferimento narrative che spiega  e giustifica quel comportamento come non omosessuale (fase adolescenziale, coercitività del carcere, occasionalità in particolari condizioni fisiche, vacanza, viaggio, ebrezza, effetto di sostanze chimiche).
Nessuna sostanza chimica puà ingenerare un comportamento che non sia già presnete nella persona anche se represso o rimosso per cui se il comportamento non fa l'orientamento dimostra comunque che essere coinvolti in interrelazione sessuali e\o affettive con persone dello stesso sesso sia una variabile che riguarda molte più  persone di quelle che poi si definiscono esclusivamente gay (o esclusivamente etero).

Ieri sera un ragazzo che ho incontrato al village e che è appena stato buttato fuori di casa dai genitori mi ha detto ho avuto una ragazza per 5 anni e ora sto con un ragazzo da 8 mesi. Ti innamori delle persone e basta.Senza rinnegare il suo passato etero che secondo la retorica gaista viene visto come una fase di passaggio (proprio come nella retorica eterista viene vista di passaggio la fase gay).

Ecco io non voglio vivere in una società dove l'affettività e anche la sessualità sono distribuite entro griglie rigide e impermeabili  che riducono tutto a due dei tre orientamenti sessuali impoverendo il ventaglio emotivo, emozionale e se(n)(s)suale delle persone strappando la possibilità di baciare una persona dello stesso sesso a chi non è gay o lesbica.

Per cui rallegrarsi che quel bacio serva alla causa gay dimostra invece quanto lavoro ancora ci sia da fare se nemmeno le persone lgbt riescono a riconsocere il loro orientamento sessuale come a un comportamento universale umano e invece vivisezionano sesso e sentimenti in una maniera discriminatoria (o sei omo o sei etero) talmente radicata da percepire la propria radicata omofobia che fa vedere in ogni comportamento affettivo un gesto che tradisce la propria vera natura ed egocentrata (ogni bacio tra due persone dello stesso sesso è un bacio come quelli che do io) come omofilia.

Perchè finché davanti a due ragazze  o due ragazzi che si baciano pensiamo che sono omosessuali non c'è poi così tanta differenza tra chi pensa che schifo e chi che bello.

La discriminazione sta già prima nel credere di poter dedurre un orientamento sessuale da un bacio, separando invece di unire, etichettando invece di riconoscere la ricchezza umana degli uomini e delle donne leggendo con malizia discriminatoria un gesto dolce e tenero e universale come il bacio.

Che è un bacio. E basta.


4 edizione del GenderDocu Film Fest (1)

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La creatura di Giona A. Nazzaro (ora che  Filippo Ulivieri ha abbandonato), fortemente voluta da Imma Battaglia (che ci ha messo i soldi) è giunta quest'anno alla sua quarta edizione.

Con una mission sfocata sin dalla prima edizione i film presentati ogni anno dal festival si pongono nei confronti della parola gender e del concetto che la parola inglese indica (il genere sessuale come costruzione socio antropologica) in un rapporto molto vario, per alcuni dei film è poco più di un pretesto per altri invece un valido elemento per contribuire all'analisi della costruzione e decostruzione del genere e dei suoi stereotipi.

I film presentati secondo la scelta insindacabile del suo creatore non sono mai banali anche se talmente eterogenei da non declinare il gender come tema ma come punto di vista, nodo gordiano di altre istanze, cinematografiche politiche e di militanza lgbt come specificato nel sito del festival:
Ancora una volta si afferma con forza lo specifico del festival: non una selezione “contenutista” di argomenti da discutere, ma la scelta di uno sguardo, sempre schiettamente cinematografico, diretto sull’insieme delle relazioni che fanno del nostro corpo il fulcro di tutte le nostre interazioni sociali.

Questa quarta edizione inizia un po' in sordina a cominciare da uno schermo che non si può dire davvero tale visto che è composto da pannelli assemblati insieme, che soprattutto nelle scene più luminose lascia vedere fin troppo bene i bordi di giuntura tra un pannello e l'altro.
Schermo che va benissimo per la videoproiezione di immagini per la musica o per la discoteca, ma che poco ha a che fare con la cultura della visione cinematografica.

Lo diciamo senza polemica  sperando che per la quinta edizione si torni a uno schermo davvero cinematografico (un unico telo o altro materiale tutto di un pezzo...).
Anche se quest'anno a differenza degli anni passati lo staff tecnico è più sollecito e presente sia dal versante degli strumenti (i microfoni per il pubblico che arrivano subito) sia da quello della sicurezza (con gli addetti che zittiscono con cortesia ma determinazione quella parte di pubblico sciagurata che non solo durante i film parla ma, addirittura, gioca con lo smartphone senza nemmeno azzerare il volume dei suoni di gioco...).


Purtroppo e la responsabilità non è certo di Nazzaro e della sua creatura, il Gay Village ha più la vocazione dell'intrattenimento sostenuto dalla verve di Vladimir Luxuria (direttore** artistico), intervenuta dopo la proiezione del secondo film,  che sa sempre rubare la scena ma che tramuta tutto in gioco, traendone occasione per battute anche quando si riflette su dei temi difficili già per un pubblico più selezionato figuriamoci per quello discotecaro del Village.

Ma tant'è.
Bisogna dare atto a Imma Battaglia di essere stata l'unica a credere e a sostenere il progetto di Giona Nazzaro e, come si dice, a caval donato non si guarda in bocca.

Certo constatare quale sia la qualità dell'attenzione che gli avventori e le avventrici del village sono capaci  di dare a un prodotto culturale di notevole spessore come quello del GenderDocu  film Fest è anche un modo per tastare la salute culturale del paese che è a dir poco moribonda.


Durante il primo documentario, di cui  parlo poche righe più giù, ci sono state continue defezioni data la natura cinematografica (racconto per suoni e immagini)  e non televisiva (dialoghi esplicativi) del film che sarà stato sicuramente recepito come noioso se non incompressibile. 

D'altronde il Gay Village è una impresa commerciale e non è di competenza delle imprese  educare gli spettatori ma solo coltivare dei clienti e allora cosa chiedere di più all'impresa Gay Village che ci regala il GenderDocu Film Fest?


Altra mancanza, davvero ingiustificata, perchè facilmente rimediabile,  quella delle brochure con le note sui film che (a detta di Imma) sono state perse dal corriere...

Una fotocopia cartacea non poteva venire stampata?
Non c'è una fotocopiatrice in tutto il Village?
Non si possono fare 50-100 copie? Davvero?!

Poco grave per la mancanza di informazioni sui film alla quale sopperisce Nazzaro, vera machine à festival. che introduce e traduce dal francese e dall'inglese (ma parla correntemente anche il tedesco...) ma gravissimo per il voto del pubblico previsto per ogni film con tanto di assegnazione finale di un premio - sempre più aleatorio e casalingo - che ierisera non si è potuto svolgere visto che nessuno aveva la brochure con le classiche faccine da strappare e consegnare e che nessuno è passato per raccogliere in altro modo le preferenze di voto del pubblico.

D'altronde solo alla conclusione della serata Nazzaro ha ricordato di votare (e come?!) senza ricordarlo a inizio serata, magari informando il pubblico di quello che il festival aveva pensato per rimediare all'assenza delle faccine della brochure.

Insomma populismo italiota anche in questo caso anche se nessuno tra il pubblico sembra essersene non dico risentito ma nemmeno accorto.

E spero che Giona, che mia accusa di massacrare il festival ogni anno, perdoni questa mia puntualizzazione che mi sembra d'obbligo non per polemica ma per onestà intellettuale.

E, finalmente, passiamo ai due documentari presentati in serata.

Il primo film è l'interessante La Bagne (Francia, 2012*) di Maud Martinin in Prima internazionale come tutti (o quasi) i film selezionati quest'anno (film cioè che per la prima volta vengono presentati fuori dal paese di origine).

La regista filma le prove di una coreografia di Bernardo Montet ispirata a Il bagno penale di Genet.
Tra improvvisazioni, movimenti di gruppo e a solo il film più che documentare la ricerca coreografica allestisce questo materiale seguendo lo sguardo personale della regista che indaga più che sulla coreografia del corpo che balla, sul rapporto tra corpo e persona o, come dice ha detto la regista presente al festival) il corpo e lo spirito.

Ne deriva un lavoro interessante dal punto di vista visivo per la capacità di Martinin di riprendere i corpi, avellendoli dal contesto coreografico per reinscriverli in uno spazio astratto anche con un certo gusto per la composizione dell'inquadratura, in uno splendido 4\3 che le permette di riprendere il corpo di ballo in figura intera mantenendo una certa vicinanza della mpd alle persone riprese, i cui corpi vengono restituiti nella loro datità fisica piuttosto che in quella di corpo atletico danzante. Riprese alle quali  Martinin contrappone alcune riprese in bianco e nero e in super8 montate a supporto visivo delle interviste ai danzatori a danzatrici che raccontano della loro esperienza con la coreografia e l'argomento trattato (una colonia penale, un gruppo di persone condannate ai lavori forzati).

Criptico e vagamente estetizzante ma mai davvero noioso (nonostante la defezione di parte del pubblico di cui si è già detto) La Bagne non si sottrae ad alcune ambiguità che delle semplici note esplicative poste in esergo al documentario (parola che al film sta stretta trattandosi più di un film non narrativo che di un film di documentazione) e non dette dalla regista in seguito a un paio di domande del sottoscritto e di Nazzaro, avrebbero chiarito tutti e tutte il vero senso dell'operazione. 

Martinin è la documentarista ufficiale di Bernardo Montet che le ha chiesto per questa sua ultima produzione per il Centre chorégraphique national de Tours un film più personale dove lo sguardo della regista potesse permettersi un registro più creativo.

Ne nasce una sorta di testamento morale tra coreografo Centre chorégraphique national de Tours dove il coreografo non lavora più, mentre Martinin sì, e i danzatori e le danzatrici. 

Un bell'inizio per questa quarta edizione. 


Più tradizionale il documentario Statunitense di Beth Nelsen, Ana Grillo Camp Beaverton (2013) presentato anche questo come prima internazionale mentre è in una più  modesta prima Europea visto che è già passato un mese fa al Rio Gay Film Festival dove ha vinto il premio speciale e al festival di Vancouver lo scorso 21 agosto (fonte pressbook del film).

Il film restituisce l'esperienza delle due registe al Camp Beaverton l'unico americano dedicato esclusivamente alle donne, comprese quelle trans, ospitato daBurningMan,un festival diarte sperimentaleche dura per8 giorni nella città di Black Rock costruita apposta per l'evento nel deserto del Nevada. 

 
Il film riprende le dichiarazioni di alcune partecipanti che riflettono molte diverse posizioni, nel mare immenso delle identità di genere e negli orientamenti sessuali. Trattandosi di un Campo per sole donne, lesbiche ma non solo, biologiche e trans, le intervistate parlano di sessualità, del proprio corpo sessuato distinguendo tra vagina e vulva (gli uomini parlano smepre di vagina vagina vagina ma in realtà si riferiscono alla vulva) mai del tutto avulsa dalla vita sentimentale di coppia o meno.

Così accanto alla vita monogamica di coppie e threesome (anche se una delle intervistate ammette che, non sapendo lei cosa è una coppia, non si vede molto bene nel rapporto a tre, soprattutto a fare la terza persona...), ci sono coppie aperte,  e donne multigender come una splendida ragazza che ha due identità di genere declinate in entrambi gli orientamenti sessuali (quelli binari gay e straight del pensiero americano la bisessualità non esiste) a ognuno e ognuna dei\delle quali piace un tipo di persona diversa.  Al ragazzo gay fare rimming ai berar (arrivoooooo) al ragazzo etero bionde dalle grosse tette, alla donna etero dei giovani biondi e imberbi e alla donna lesbica donne mascoline (Dykes).
Tra incontri a base di strap on e lezioni sulla masturbazione, il documentario è una apologia del lesbismo e della donna e costituisce una sorta di  risarcimento che il festival paga alle donne dopo che l'anno scorso non aveva presentato nemmeno un film lesbico.

Un film intelligente e divertito (lo strap on è un in più che hanno solo le donne visto che non esiste uno strap on con la fica per gli uomini) dove le donne si dimostrano molto più schiette e prive di barriere degli uomini e dove una ricchezza lessicale prolifica quanto fantasiosa diverte (i clit-tail invece dei cock-tail clit=clitoride)e fa pensare, come la differenza tra donne boi, che pur avendo l'aspetto di ragazzi si considerano ancora donne, e le donne boy che invece si considerano ragazzi trans; oppure le persone cis-sexual o cis-gender (abbreviato in cis) che identifica le persone il cui sesso percepito,quello che le identifica, coincide con quello assegnato alla nascita.


Un documentario da vedere per capire che il sesso visto dalle donne è davvero privo di compartimenti stagni e sempre fortemente responsabile (al Beaver Camp si diffonde e sostiene in ogni momento il safe sex. Una delle intervistate spiega come in base alle risposte che riceve dalla donne che incontra decide che tipo di sesso può fare con loro.

Un documentario da studiare e col quale rinnovare il proprio amore per le donne, sempre e ancora.

 
Stasera la seconda serata.


* sul sito del festival è datato 2013 così come riporta l'articolo maschile le invece che quello femminile.




quarta edizione del GenderDocu Film Fest: la seconda serata

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Tre i documentari in programma per la seconda serata della quarta edizione del GenderDocu Film Fest.

Si è cominciato con il piccolo (per la durata) sorprendente film documentario di Filippo Demarchi, Taglia corto! (Svizzera, 2013).Giovane di Losanna, nato a Zurigo, Demarchi ha girato il suo film in Italiano, che è la lingua madre del padre ma non della madre.
Il corto, che è il saggio di fine corso alla École Cantonale d'Art de Lausanne, ritrae i genitori del regista mentre discutono con lui della sua omosessualità che entrambi non riescono ad accettare. Il padre gli garantisce il rispetto ma non il sostegno mentre la madre è più interessata che il figlio si lasci la porta aperta anche verso le ragazze.

Girato senza una particolare ricerca formale dell'inquadratura, il corto, selezionato da diverso materiale registrato, restituisce con una icasticità commovente un confronto familiare tra tre adulti: padre, madre e figlio 24enne, il cui rispetto individuale è riscontrabile sia nella reciprocità sia nella onestà intellettuale con la quale sanno tutti e tre guardarsi dentro e comunicare l'uno con l'altra .

Così il figlio chiede solidarietà ai genitori non in nome di un astratto rispetto per la diversità ma perchè vorrebbe avere dei consigli sul ragazzo del quale è innamorato.
Il padre a vedere la foto del ragazzo (molto giovane, con i capelli lunghi biondi e fluenti) commenta che sembra quasi una ragazza e quini tanto varrebbe che e che pensando agli uomini si immagina persone più maschili di quelle che piacciono al figlio.
Nessuna imposizione, nessun dover essere, solo un onesto confronto tra quello che si pensa, si sente, ci si aspetta.

Il figlio può così dire al padre senza rimproveri di esserci rimasto male quando una volta, prima del suo coming out, gli ha presentato un suo amico, del quale il padre gli aveva chiesto se fosse gay perchè il figlio si è snetito sentito sminuito nella sua amicizia, platonica,  con quel ragazzo, che il padre riduceva a una questione sessuale.

Mentre il padre commenta che all'epoca lui non sapeva che il figlio fosse gay il figlio da un lato afferma il suo risentimento per quel modo di pensare, dall'altro riconosce al padre, come individuo, il diritto di esprimere le proprie idee anche se lui le aborre chiedendogli poi come dovrebbe reagire (ti dovrei forse odiare?).
La madre dal canto suo lo esorta a non farsi influenzare negativamente dalle loro reazioni o commenti negativi.

Ai dialoghi tra padre madre e figlio, insieme o separatamente, nei quali il figlio è presente solo in voce trovandosi sempre dietro la videocamera e dunque fuori campo Demarchi alterna alcuni momenti di vita familiare (le cure del giardino dove il padre gli dice cosa potare e cosa no o come muovere ila tosaerba in un confronto tra quotidianità ed eccezionalità che restituisce l'idea di una vita familiare è già una ricostruzione dei rapporti e degli assetti genitori figli che per gli standard della famiglia Demarchi è un processo normale pur in una dialettica di rifiuto ma che, visti con l'occhio cattolico italiano è un paradigma quasi irraggiungibile.


Senza insistere troppo sulla chiave religiosa intesa qui nella sua dimensione culturale e non confessionale la statura etica di queste persone, di questa famiglia è anni luce lontana dalle bassezze delle famiglie italiane, quelle in cui ancora oggi i figli e le figlie omosessuali vengono letteralmente buttati e buttate fuori di casa dai genitori senza che i figli e le figlie così illegalmente trattai\e non si ribellano e non rivendicano i propri diritti rivolgendosi come si dovrebbe sempre fare a un giudice. Perchè anche nell'Italia omofoba a un genitore a una genitrice non  è più consentito di cacciare di casa e smettere di mantenere un figlio o una figlia perchè omosessuali. Sono lontani per fortuna i tempi del caso Braibanti.

Invece nella maggior parte dei casi la prole non rivendica i propri diritti perchè in fondo, là dove si annida l'omofobia interiorizzata, non vogliono imporsi ai propri genitori e si sottraggono a un confronto anche duro, aspro, inchiodandoli alle loro responsabilità.

Questo cortometraggio mostra come se la forma documentario sa cogliere la realtà (a saperlo usare bene naturalmente non è un risultato che si ottiene automaticamente) questo non è certo garantito dalla presa diretta ma dall'operazione che segue (il montaggio del materiale selezionato) e precede le riprese.

All'inizio, ha raccontato Demarchi presente al Village, i genitori non volevano affatto parlare del suo coming out e pretendevano di essere presentati come esperti di capitalismo ai quali il figlio doveva rivolgersi dando loro del lei.
Poi l'insistenza e la pratica di ripresa hanno ammorbidito i genitori ed è stata resa possibile una modalità comunicativa così intima e spontanea nonostante la presenza della videocamera.
Un processo graduale e non sempre facile del quale rimane una traccia anche nella  selezione drastica fatta da Demarchi (appena 13 minuti di durata, essenziale anche in questo in controtendenza rispetto una certa tendenza alla pletoricità che molti cineasti della camera verità hanno)  quando a un certo punto il padre si sottrae all'intervista definendola una pagliacciata e Demarchi continua a riprendere il suo posto vuoto.

Sottraendo il corto all'equivoco che la verità di quanto accade sullo schermo scaturisca naturaliter dalla spontaneità della diretta e non dall'istanza produttrice che riprende e monta le riprese Demarchi si attesta nel cuore del meccanismo documentario che è sempre un meccanismo traslato perchè la verità non sta nelle immagini mostrate ma in quell'oltre che hanno determinato quelle immagini, in un prima e un dopo la ripresa di cui il cortometraggio è un esempio paradigmatico della stessa una pratica discorsiva dei tre protagonisti. Un confronto d'altissima onestà intellettuale.

Presente anche sulla rete con altri lavori Demarchi si distingue per il discorso intelligente e l'occhio sincero che sanno usare gli strumenti video della contemporaneità sottraendosi alla estetica farlocca dell'immediato e della spontaneità sostenuta dal mercato e cerca, riuscendoci appieno, di usare il video per mostrare quell'oltre pirandelliano raggiungendolo con incedibile efficacia.



Più tradizionale e privo di novità formali il mediometraggio con alcune lungaggini e ripetizioni  My Love – The Story Of Poul and Mai (danimarca, 2013) di Iben Haar Andersen.
64 minuti di durata che potevano benissimo scendere a 50 nei quali la regista allestisce un materiale raccolto nell'arco di sei anni (ma nel documentario non ne viene dato conto oltre alla didascalia due anni dopo)  raccontando della storia d'amore tra Poul uomo danese ultrasessantenne che ha fatto coming out solo dopo la morte della figlia 17enne in un incidente d'auto (che l'ha vista morire carbonizzata) e del quarantenne thailandese Mai che ha conosciuto in un locale. 
Il documentario ci racconta delle vicissitudini burocratiche per ufficializzare la loro unione, l'accesso al registro per le unioni civili prima, la richiesta di permesso permanente di soggiorno dopo, alle quali si alternano alcuni racconti dei due uomini.
La famiglia che Mai ha in Thailandia e che vediamo quando Poul va in visita, una figlia grande, un figlio più piccolo e una sorella (della donna madre dei sui figli nulla sappiamo) e le vicissitudini di Poul la gioventù dell'uomo che pur sapendo da sempre che gli piacevano gli uomini non ha mai fatto sesso con un ragazzo in gioventù e ha deciso invece di farsi una famiglia (etero) e avere dei figli.
Tra immagini del menage familiare, molto sessista, Mai che cucina e Paul che fa il marito aspettando in salone (perchè Mai non lo vuole in cucina), alle interminabili giornate di lavoro (Poul è pescatore di salmoni), tra i racconti di gioventù di Paul e la brama di Mai di portare il figlio più piccolo, maschio, con lui in Danimarca (la figlia pi grande, fidanzata, è già di un altro maschio)  quello che manca completamente nel documentario è la sfera affettiva e sessuale della coppia che la regista non affronta minimamente.
Nemmeno un cenno alla sessualità di Poul che è stato con un uomo quasi da anziano (a 60 anni), non la restituzione pornografica o voyeuristica del suo rapporto con Mai ma il vissuto emotivo  della sessualità (com'è stato fare sesso con un uomo per la prima volta a età così avanzata?) della quale nel documentario non è presente nemmeno come assenza allusiva, ma, più semplicemente, non c'è. La storia d'amore fra questi due uomini è quella di una amicizia platonica di solidarietà e reciproca assistenza che farebbe contento anche Papa Francesco visto che nel film i due uomini vivono una vita casta dove il sesso viene sublimato nella solidarietà proprio come consiglia il catechismo cattolico alle persone omosessuali. Anche i baci che i due si danno sono rigidi e poco spontanei.
Quando l'ho fatto notare alla regista, anche lei presente al Village, lei mi ha risposto, piccata, che non sentiva l'esigenza di entrare nella camera da letto dei due uomini e che la loro storia d'amore non aveva bisogno del sesso.
Durante questa sua risposta il pubblico presente ha applaudito confermando la sessuofobia di noi italiani (e italiane) che separiamo borghesemente  il sesso dall'amore per cui a casa bacini e coccole mentre andiamo a cercare il sesso dalle prostitute o magari dagli escort...

E no cara Iben Haar Andersen la sessualità è parte integrante di ogni storia d'amore che posa definirsi tale e che nel tuo documentario del vissuto sessuale non ci si preoccupi nemmeno di spiegarne l'assenza è un atto di censura figlio di una visione della vita borghese e sessuofoba che inficia completamente il film che, da questo punto di rappresenta una negazione della pienezza della dignità dell'opzione omosessuale che quando assume le forme di una amicizia affettuosa tra adulti con alle spalle un vissuto etero ed entrambi padri di figli nati da quelle relazioni, questa relazione legittima ma non paradigmatica assurge a storia omosessuale tout court.  Perchè il sesso è amore anche non si fanno figli.

Terzo film della serata Ein Wochenende In Deutschland (Germania, 2013) di Jan Soldat, l'unico autore non presente al Village,  che in 25 minuti racconta del fine settimana di una coppia di uomini maturi (molto sopra la sessantina) che praticano del sesso sm abbastanza soft (spanking e l'uso di ortica).
Un sesso esplicito nelle riprese video (il sedere arrossato i corpi nudi dei tre uomini) non incentrato sull'orgasmo o sull'erezione ma su alcune pratiche sadomaso vissute nella loro centralità del piacere per il dolore, ricevuto e inferto, tra confidenze, dialoghi ricordi e risate, in amicizia e con tanto di caffè e torta dopo le sessione di pratiche sm.

Un film che deve tutto alla capacità del  regista Jan Soldat, classe 1984, di relazionarsi con la coppia della quale il regista è amico tramite la videocamera dietro la quale rimane sempre celato e restituire con uno guardo schietto divertito e non morboso la quotidiana assoluta normalità delle pratiche svolte sdoganando così anche la sessualità (n)(d)ella terza età che nella nostra società ipergiovanilista ruba il sesso riconcedendo la legittimità di pratica solo della gioventù. Nella realtà così non è  ce lo dimostrano questi tre signori divertenti e divertiti.

Questa seconda serata della quarta edizione del GenderDocu Film Festival, che ha visto ripristinati i voti del pubblico grazie alla presenza delle brochure assenti nella prima serata, ci ha regalato tre documentari molto diversi tra loro che costituiscono tre esempi squisiti di come il documentario può raccontare delle storie vere restituendo uno sguardo quello dei loro autori e autrici cui in qualche modo fa da specchio quello stimolato e suggestionato dello spettatore, il cui merito dall'assortimento alla qualità va all'intelligenza di Giona Nazzaro che tramite la sua creatura offre una comune pietra di paragone per misurare la comunanza di una stessa lingua parlata pur se delcinata in istanze assai diverse tra loro.

Chi ha avuto la fortuna di assistere alle proiezioni ha potuto godere di un programma di altissima qualità proposto da Nazzaro con una umiltà e e una onestà intellettuale molto poco italiane che fanno pensare a un brano di una canzone di Gaber:  Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Ecco ieri sera Giona ci ha fatto pensare che tutto sommato è ancora una fortuna essere italiani.






No Night Is Too Long in 28 fotogrammi.

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No Night Is Too Long

(GB\Canada, 2006) di Tom Shanklad
Tim è un giovane studente universitario che ha un grande successo con le donne...
...che lo spompinano in luoghi esotici dicendogli "Ti amo"...

un bacio in ascensore lo fa invaghire di un professore del campus...
che prima non vuole saperne di lui
ma alla vigilia di capodanno lo va a trovare.
E se lo incula...
...e ancora....

..e ancora.
Sempre da dietro come fosse l'unica posizione...
 
Ma il professore è geloso e manesco e il giovane Tim
non vorrebbe più frequentarlo ma non vuole deluderlo...

Così durante un tour di conferenze del professore Tim conosce una donna
ed è subito amore che, come diceva Tozzi, a letto si fa

Tim cerca di prendere tempo col prof, che, nonostante Tim non voglia se lo incula di nuovo
ma stavolta Tim non ride...


Messo alle strette Tim gli confessa di non amarlo più già da parecchio e di amare una donna.
Il prof prima piange...

poi in un eccesso di ira cerca di strozzarlo minacciando di dire alla donna, che non lo sa,
che ha avuto una relazione con lui

Ne nasce una colluttazione alla fine della quale il prof cade malamente...
E Tim lo abbandona esanime

Roso dai sensi di colpa Tim è disperato anche perchè l'indirizzo della donna amata è rimasto nella giaca di pelle del prof e lui gira a Vancouver senza meta.
La fortuna gli fa incrociare la donna su un pullman che Tim si mette a inseguire
Ma qualcosa di tremendo lo blocca
Gli sembra di vedere il prof dappertutto
Alla ricerca di qualcuno con cui parlare del delitto commesso Tim si lascia rimorchiare da una marchetta

Che se lo incula
(in una posizione che con il prof non ha praticato mai...)


E Tim stavolta piange

Intanto a casa della donna, ignara che Tim sia in città a cercarla, ritorna il marito
che l'aveva abbandonata per la quarta volta.

Qualcuno altro arriva in casa. Sorpresa! E' il fratello della donna, cioè il professore, che non è morto!!!
e il fratello la mena perchè lei gli ha rubato il ragazzo che lui amava tanto

Il marito la difende dalle ire del cognato? No quando il prof finisce la mena pure lui perchè lei lo ha tradito con Tim...

Dopo varie vicissitudini (il prof ammazzato dalla marchetta che lo aveva preso per Tim) solo e triste Tim
un giorno vede la donna venire verso la sua casa.
Tim si accascia dietro l'uscio


La donna chiama inutilmente il suo nome...



...Tim fa il gesto di aprire la porta ma non riesce a raggiungere la maniglia.
FINE DEL FILM


Tratto dal romanzo omonimo di Barbara Vine (pseudonimo di Ruth Rendell) il film offende per la sessualità tra uomini vista esclusivamente in chiave penetrativa. Dove Tim si fa sempre scopare e dove il coito anale all'inizio visto come una gioia è anche una umiliazione subita (col prof.) e cercata (con la marchetta in segno di espiazione per l'omicidio commesso). Un film maschilista dove le donne sono talmente sprovvedute da fare pompini e dire ti amo e dove la sorella del prof viene picchiata da chiunque perchè fedifraga (nel caso del prof ladra di uomini altrui) e dove Tim è descritto come personaggio deleterio e ambiguo in base alla propria irrisolta bisessualità (anche da bambino aveva irretito un compagno di scuola più grande).

Il nome della cosa. Sull'uso della parola Genitore come sostituiva delle parole madre e padre

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La consigliera comunale di Venezia Camilla Seibezzi, con la delega ai Diritti civili e contro le discriminazioni, ha proposto di modificare la modulistica per l’accesso agli asili nido sostituendo le parole padre e madre con la parola genitore.

In un video dell'Ansa Siebezzi spiega così il motivo della sua decisione:

La scelta di “genitore” non esclude l’uso corrente del termine “padre” o “madre” come molti temono, semplicemente li comprende.
Questo provvedimento fa sì che qualsiasi tipo di famiglia che vada a iscrivere i propri figli alla scuola non subisca discriminazioni né viva delle situazioni di disagio. Così la madre single piuttosto che il padre vedovo, la coppia eterosessuale piuttosto che la coppia omosessuale che iscriva i propri figli viene compresa a pieno titolo dalla parola “genitore”.

Inutile dire che la decisione presa dalla Consigliera ha sollevato le critiche polemiche e criminali (visto che Seibezzi è stata minacciata di morte) dei partiti e della cittadinanza conservatrice cattolica.

Viene da chiedersi la reale necessità della decisione e, soprattutto, se la parola scelta in sostituzione sia coerente con i diritti civili e accolga il riconoscimento davvero di tutti e tutte.

Intanto non posso non notare il linguaggio sessista della Consigliera che parla di figli, al maschile, e non di prole, termine che Alma Sabatini ed Edda Billi suggerirono quasi 30 anni fa, nel libro Il sessismo della Lingua italiana, come sostituto davvero neutro al termine maschile figlio in uso e sostituzione anche di quello femminile figlia.

Una osservazione d'obbligo, non solo perchè il sessismo va combattuto sempre e comunque, ma perchè si sta analizzando un provvedimento linguistico che sceglie una parola che si pretende più includente di altre, considerate discriminatorie di qualcuno e qualcuna.

Mi chiedo se genitore verrà usato come termine neutro sostituendosi anche alla controparte femminile genitrice, cancellando così il genere della persona indicata dalle parole padre e madre, sostituite e spalmate su un nome maschile proditoriamente preteso come neutro.

Non è un caso che il dizionario online dei sinonimi del Corriere della sera riporta come sinonimi della parola genitore
  • 1. padre, capo famiglia, fam. papà, babbo
  • 2. (al pl.) padre e madre
Solo al plurale, dunque, il maschile genitori comprende sessisticamente (esiste sempre genitrici) entrambi padre e madre.
Al singolare, genitore è sempre e solo lui, il capo famiglia, definizione disgustosamente maschilista che ci portiamo dietro dalla legge mussoliniana sullo stato di famiglia del 1942.

Insomma  per non discriminare nessuno e nessuna le parole padre e madre, chiare e semplici vengono diluite in una parola maschilista e sessista che cancella le differenze sessuate che quei termini portano con chiarezza.

C'è un precedente in cui la parola genitori, al maschile plurale, ha sostituito un'altra parola.  
La legge 54 dell'8 febbraio del 2006 Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli (definizione sessista ma tant'è) che prevede sempre l'affido congiunto (bigenitorialità) della prole  (vedete quanto può essere semplice, indolore ed elegante impiegare un termine non sessista?) non distinguendo più tra coppie sposate e coppie conviventi e parla dunque di genitori e non più di coniugi.

In questo caso è chiaro che il termine genitore include anche le madri e i padri non coniugate\i e dunque è davvero un termine più inclusivo di coniugi che invece indica solo le coppie sposate.


Ma chi sono le persone che le parole padre e madre discriminerebbero e che la parola genitore secondo Seibezzi invece non fa?

Non certo quelle degli esempi da lei riportati.

La madre singleè madre e non si capisce perchè dovrebbe diventare un generico e grigio genitore al maschile proposto come termine neutro col quale si pretende di sostituire il femminile che, non esistendo in italiano il genere neutro, di fatto, viene cancellato.

Il padre vedovo
è padre e, lo stesso, non si capisce perchè dovrebbe essere deprivato del suo statuto di padre per un più generico
statuto di genitore, anche se in questo caso il maschile non è sostitutivo ma rappresentativo del vero sesso della persona in causa (anche se c'è poco da rallegrarsene).

La prole di una
coppia eterosessuale è sempre fatta da un padre e una madre, se un membro della coppia non è il padre o la madre della prole vuol dire che c'è da qualche altra parte, magari in un'altra coppia, un padre o una madre. 

Per cui per quanto io possa voler bene al compagno di mia madre lui non si sostituisce mai a mio padre che vedo tutti i fine settimana assieme alla sua compagna o, perchè no, al suo compagno.

E qui veniamo all'ultimo esempio fatto dalla Consigliera.

La coppia omosessuale.


Anche qui a ben vedere non si capisce perchè si debba usare la parola generica genitore  in presenza di partner dello stesso sesso e non usare invece due volte la parola madre o  la parola padre.


Il termine genitore con la scusa di includere quello che è già incluso nelle espressioni le mie due mamme e i miei due papà, in realtà lascia indefinito l'assortimento sessuale della coppia con un termine fintamente neutro e in realtà maschile che vale per tutto il resto.


Chi sono quei signori?

Tra le due risposte possibili Sono i mie due padri oppure
sono i miei genitori, come vorrebbe la Consigliera, l'assortimento sessuale della coppia emerge con chiarezza solamente nel primo caso perchè il secondo caso vale qualunque sia l'assortimento sessuale della medesima. 

Forse qualcuno trova meno imbarazzante dire quelli sono i miei due genitori che dire quelli sono i miei due papà, quelle sono le mie due mamme.

Alla faccia della decisione presa per non discriminare nessuno e nessuna!

Con la scusa di voler includere tutti e tutte non si include in realtà nessuno e nessuna perchè non li si riconosce come persone e coppie sessuate ma come persone sessualmente neutre.

La questione potrebbe finire qui ed essere liquidata come non necessaria e, anzi, discriminatoria.


Purtroppo però non abbiamo ancora toccato il punto centrale di tutta la faccenda.

Ci viene in aiuto il servizio dell'Ansa, quando, dopo le dichiarazioni di Seibetti, la giornalista commenta che la scelta della Consigliera è in linea con quanto fatto all'ospedale di Padova dove il braccialetto per il secondo genitore non riporta più la parola padre ma partner. 


Non è una questione da poco.   

Se una mamma è in sala parto è giusto pensare che accanto a lei ci può essere un'altra donna e non per forza un papà. 

Per cui è giusto che quella persona pur non essendo madre biologica della prole in nascenza sia riconosciuta come partner della madre.


Quello che fa di un uomo o di una donna un padre e una madre non è certo esclusivamente il legame biologico con la prole.

Sono padri e madri anche il genitore e la genitrice adottive di un bambino o di una bambina. 


Con l'introduzione della fecondazione assistita la genitorialità biologica ha perso il suo statuto di unicità.

Se una coppia etero (=di sesso diverso) ) convivente o sposata utilizza la procreazione assisita eterodiretta il coniuge o il compagno è padre anche se non è il genitore biologico.  

Se la coppia è sposata lo è d'ufficio. Se è convivente l'uomo deve riconoscere la prole. 



L'omogenitorialità introduce una variante sia nello statuto legale che in quello ontologico della coppia genitoriale.

Nel caso di una coppia di donne o di uomini lo stato italiano riconosce la maternità della madre biologica e la peternità del padre biologico ma non riconosce al\alla parnter il diritto alla maternità o alla paternità come per il partner maschile di una coppia etero.

E' questa la vera discriminazione.

Quel che vale per il padre non biologico in una coppia di sesso diverso non vale per la madre (o per il padre) non biologica della coppia dello stesso sesso. 


Per lo Stato italiano la partner della amdre biologica e il partner del padre biologico in una coppia dello stesso sesso non esiste e se la madre biologica (il padre biologico) muore, tecnicamente figlio o figlia posso essere affidati a strutture di sostegno e non all'altra metà della coppia.


Non d'ufficio almeno.
 

Sta all'apertura mentale e all'onestà intellettuale del giudice o della giudice decidere altrimenti. 

Basterebbe fare una legge che riconosce in caso di madri single (ai padri single) la possibilità di riconoscere il figlio anche alle (ai) partner conviventi dello stesso sesso così come adesso permette di farlo al compagno non genitore biologico.


Ecco allora cosa Seibetti sta in realtà tentando di fare.

Dare ai padri non biologici e alle madri non biologiche all'interno di una coppia omosessuale (=dello stesso sesso) la possibilità di segnarsi amministrativamente come genitore non biologico del figlio o della figlia.


E siamo finalmente giunti al cuore della questione.

Così facendo Seibetti crede di eludere una differenza che anche lei deve considerare fondamentale che cioè il padre è solamente quello biologico e la madre è solamente quella biologica con l'unica deroga della coppia adottive e, per effetto della stessa deroga, anche ai padri non biologici e alle madri non biologiche delle coppie etero, che sono ricorse alla fecondazione eterodiretta.

Altrimenti ricorrerebbe ai termini madri e padri.


Anche per Seibetti insomma è ancora la famiglia etero a fare di un uomo e di una donna un padre e una madre poco importa se biologici o meno per il fatto che almeno potenzialmente entrambi possono essere padri e madri biologici. 



Proprio in linea con la chiesa cattolica che riconosce come unica e vera famiglia quella etero indivisa con entrambi i genitori biologici (niente donne single, niente donne risposate, che, guardacaso sono proprio gli esempi scelti dalla Consigliera) l'unica nell'alveo della quale, secondo i cattolici, la prole cresce sana.

Due donne e due uomini non sono due padri e due madri ma dei più generici e neutri genitori che costituiscono si una famiglia ma meno salda perchè priva del legame biologico... 

Non si vede quale altro motivo impedisca a una coppia di donne o di uomini di scrivere due volte mamma o due volte papà
sulla modulistica per l’accesso agli asili nido invece del generico e grigio genitore.

Genitore mette tra parentesi una questione culturale importante cioè che sono l'amore e l'affetto con cui si cresce la prole a fare di un uomo e di una donna un padre e una madre non certo il legame biologico con essa.




"Ho preso parte al concorso per trasmettere agli altri il coraggio di esporsi" Giovanni Licchello Mr. Gay 2013

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Il concorso di bellezza, giunto alla 17esima edizione, è organizzato dal sito Gay.it
La premiazione si è svolta domenica 1 settembre al Mamamia di Torre del Lago (Lu).
Il vincitore di quest'anno è Giovanni Licchello.

26 anni, ex calciatore (debutta in C1 nel 2004 tra le fila del Chieti poi continua in Serie D e nella stagione 2008-2009 nella massima categoria svizzera con la maglia del Sion). Conclusa la carriera calcistica (ci piacerebbe sapere il perchè) oggi è rappresentante di prodotti per studi dentistici a Brindisi.

Originario di Ferrara Giovanni ha raccontato di avere affrontato un coming out sereno con parenti e amici.  La cicatrice  sopra il sopracciglio sinistro (che ha contribuito  a farlo vincere) se l'è procurata quando è intervenuto in difesa di un amico un pestaggio omofobo in discoteca. Il premio infatti viene assegnato a ragazzi che oltre ad avere indubbie qualità estetiche, è più rappresentativo del mondo omosessuale in termini di visibilità e impegno sociale (dal sito mr.gayitalia.it).

Ho preso parte al concorso - ha spiegato - per trasmettere agli altri il coraggio di esporsi.

In tempi duri e confusi come questi con il movimento sempre più scollato dalla realtà e le istituzioni male informate da un movimento che vuole solo più potere e soldi (briciole ma sempre soldi)  come cittadini e cittadine con una coscienza politica siamo chiamati e chiamate a intervenire in prima persona.

Il coming out, la visibilità, la dimostrazione tangibile che la popolazione lgbtqi è ben più varia e variegata di quella che il cliché pretende e impone, è uno strumento importante e necessario per far capire alla massa omofoba che ci siamo e non abbiamo nessuna intenzione di scomparire.


Grazie  a Giovanni per il suo bell'esempio.

p.s.

Nota sul lessico.

Così mentre una volta tanto il pezzo non firmato sul sito tgcom24 parla un italiano corretto e privo di pregiudizi e riporta le circostanze in cui Giovanni si è fatto la cicatrice con questa frase
Muscoloso, ma soprattutto coraggioso: a fargli meritare la vittoria, infatti, è stata la cicatrice sul suo sopracciglio che si è procurato difendendo un suo amico da un pestaggio omofobo in discoteca  

Gay.it scrive Giovanni ha raccontato durante la competizione organizzata da Gay.it l’episodio legato alla cicatrice che porta sul sopracciglio, che si è procurato difendendo un amico picchiato in una discoteca etero, perché gay.

Picchiato in una discoteca etero (se andava in una discoteca gay non veniva picchiato, vedi che succede a uscire dal ghetto?) perchè gay non per omofobia, non cioè perchè qualunque atteggiamento non conforme alla norma maschilista vine percepito come non normale, ma perchè gay. Infatti l'amico ce lo aveva tatuato in fronte e aveva l'alone rosa.


Le notizie inventate. Sull'esclusione di Matt Bomer dal casting del film 50 sfumature di grigio

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Sul blog Queerblog potete leggere un post pubblicato da Roberto Russo nel quale si parla del casting definitivo del film 50 sfumature di grigio il cui ruolo maschile di Christen Grey, il bussinesman con la passione per il bondage, è stata assegnata a Charlie Hunnam escludendo l'attore Matt Bomer, nella rosa dei candidati, in quanto gay.
Ecco come spiega i fatti Russo:
Bomer, come è noto, è gay e quindi la domanda che tutti si facevano era: “Potrà mai un omosessuale interpretare al cinema un eterosessuale sciupafemmine come Christian Grey?”. Domanda inutile, a mio parere, perché, in ogni caso, gli attori fingono per mestiere. Ma tant’è.
Secondo Russo la domanda è inutile, perchè gli attori fingono per mestiere.

Inutile. Non schifosamente omofoba e discriminatoria.


In realtà le cose sono andate diversamente.


Terri Schwartz sul sito pop2it ha rivelato che Matt Bomer non è mai stato nella lista dei candidati.

E' vero che una petizione su change.org è stata lanciata dopo l'annuncio del casting definitivo, da un gruppo di fan del libro che vogliono Hunnam sostituito da Boner e Johnsn da Bledel. Le lamentele sui casting sono uno sport comune negli States.

In ogni caso è chiaro che Bomer non è stato mai preso in considerazione per il ruolo e che non è stato escluso perchè omosessuale come invece conclude russo nel suo post che parla di esclusione discriminatoria del bel Matt dal film.

Inventare notizie solo per lamentarsi di una discriminazione che in realtà non è avvenuta senza nemmeno analizzare il portato ideologico delle motivazioni di quella discriminazione (hce, ricordiamo, per Russo è solo inutile) fanno di questo articolo un articolo di gossip e non uno di denuncia contro le discriminazioni (quelle vere).

I dubbi sulle capacità di Boner di interpretare il ruolo di Grey sono stati sollevati da Bret Eston Ellis, che non ha nulla a che fare col film, tant'è che ammette egli stesso di esserne stato tagliato fuori, in una serie di tweet, scritti più di un anno fa, nei quali dice, in soldoni, che un gay non può interpretare il ruolo di un etero.

Stephen Grey pubblica su Pink News un articolo, nell'agosto del 2012 (nel quale si precisa che l'inclusione di Bomer nella lista dei candidati per il ruolo di Gray è data come un rumors, una diceria, niente di ufficiale) dove riporta alcune di queste perle di Ellis.
 

Nei commenti al tweet quasi nessuno gli dà manforte (come farebbe pensare Russo su Gaywave che parla di polemiche a non finire)anzi moltissimi commenti  sottolineano la sciocchezza che Ellis ha scritto.

Uno in particolare ne spiega bene l'assurdità: 










American Psychoè il film tratto dall'omonimo romanzo di Ellis quello che lo ha decretato scrittore di successo per il grande pubblico, un tomone illeggibile dove nelle prime 50 pagine ci sono solo descrizioni di oggetti e capi di vestiario e non succede niente...


In un altro dei tewwt Ellis dice

Genuinamente coinvolto dalle donne


E' questo l'arcano.

Se sei gay le donne non ti piacciono. Non ti dicono nulla. Con le donne non ti si rizza Anzi in realtà sei gay proprio perchè non ti si rizza con le donne.

Lo stesso lo pensa una commentatrice (del tweet precedente)


Come può un gay recitare prepotentemente possessivamente o intensamente il sesso con una donna?

Ecco il pregiudizio dal quale non usciamo mai.
 Soprattutto se molti gay fanno a gara a chi odia di più le donne, o propongono mestieri come quello della drag queen (d'accordo non tutti sono gay...) dove cercano di impersonare delle donne iperboliche che vivono solo nella loro mente di maschietti.
Ma tant'è.

Essere considerato sessualmente innocuo da una donna in quanto gay per me personalmente è l'offesa più grande che mi possano fare riguardo il mio orientamento sessuale.

Se a Russo fosse importato cogliere davvero il senso discriminatorio delle parole di Ellis si sarebbe soffermato sulle sue parole.
Quello che gli importa è fare sensazionalismo e dire che Bomer è stato escluso dal film in quanto gay.

Il sesso non dirime tutta la questione e comunque un attore gay può interpretare uno stupratore proprio come un attore etero può interpretare un gay.

E' successo anche a Charlie Hunnam, come ricorda Russo nella seconda parte del suo post, quella più condivisibile, che ha interpretato Noah, l'adolescente gay nella serie tv Queer As Folk (la versione originale UK).

Fra tutte le scene della serie che Russo poteva mettere in video è andato a scegliere quella dal contenuto sessuale più esplicito, quando Noah masturba negli spogliatoi il ragazzo bullo e omofobo della scuola, tra l'altro omettendo il senso politico di quella sega... visto che nel suo commento non ne fa menzione riferendo solo che Nathan/Charlie si dà da fare.


Sesso, vittimismo e notizie mendaci.

E poi ci meravigliamo se in Italia siamo ancora così indietro per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti a tutte e tutti.

Il bello spot contro l'omofobia di Pappi Corsicato

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Presentato al Palermo Pride 2012 lo spot contro l'omofobia diretto e ideato da Pappi Corsicato e da Moodyproduction di Evelina Manna.

Lo spot si staglia nel panorama, italiano alquanto trito e triste in fatto di spot sociali contro l'omofobia, per la sua leggerezza e la speranza che suscita.

Ecco come lo presenta il suo autore\regista Pappi Corsicato:

"L'idea è nata per il desiderio di comunicare a tutti, gay e non, che non c'è nulla di male nel vivere le proprie emozioni e i propri sentimenti apertamente con semplicità e naturalezza. Il male sta nel pregiudizio, nella demonizzazione di qualcosa che in fin dei conti è solo amore e per questo non può nuocere nessuno.

Nel nostro paese purtroppo è ancora alta la discriminazione ed il pregiudizio che chi è più fragile e sensibile, come può esserlo il protagonista del mio spot, non riesce a sopportare tale pressione arrivando a gesti estremi come sempre più spesso leggiamo nei quotidiani.

Quindi lo spot vuole esortare tutti a non giudicare, a non discriminare, a vivere e a lasciar vivere con serenità quello che dovrebbe essere un diritto di tutti, cioè amare e provare sentimenti.

L'amore, in tutte le sue declinazioni, è alla base di ogni società evoluta e consapevole.

Non a caso il brano di Cole Porter che ho scelto come colonna sonora dello spot si chiama "Let's fall in love" che significa "innamoriamoci" e la sua leggerezza e armonia, secondo me, ben rappresentano la gioiosità con cui dovrebbero essere vissuti i sentimenti.





Con un racconto chiaro, che mostra la tenerezza di due giovani ragazzi che si tengono per mano perchè stanno insieme e si amano, lo spot evoca i pericoli che anche un gesto semplice come quello può portare con sé, basta leggere le pagine di cronaca dei giornali.
Per questo uno dei due ragazzi è meno disinvolto, più timoroso delle reazioni degli astanti ma anche del loro giudizio.

Il finale con l'inseguimento che non si conclude con le botte ma con la restituzione del cappello ottiene un doppio risultato: sorprende chi, timorosamente come il ragazzo inseguito, teme ripercussioni per la semplice visibilità, ma ricorda anche che il ragazzo ne ha d'onde. A ribadirlo ci pensa il claim che afferma che vivere senza paura i propri sentimenti dovrebbe essere un diritto di tutti (e basta, il sessismo non perdona).

Dovrebbe ma non lo è ancora visto che anche un gesto tenero come il bacio o passeggiare mano nella mano sono vissuti con ansia da chi li compie perchè vive in un mondo che, dinanzi a quel tipo di esternazione, reagisce in maniera violenta e criminale.

Un bello spot molto meglio di quelli dei professionisti della comunicazione, leader delle rivendicazioni lgbt, che sono o velatamente omofobici, o meri veicoli di  autopromozione, in ogni caso criptici, blandi e balenghi.


E bravo Pappi!

Dare a Flavio quel che è di Flavio: su un ottimo, sostenibile e condivisibile intervento di Flavio Romani contro le dichiarazioni del Pavido Democristo Ivan Scalfarotto.

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Chi legge questo blog (già, chi legge questo blog?) sa quante volte ho fatto le pulci ai comunicati stampa di Romani, il presidente di Arcigay Nazionale.

Stavolta leggo un suo intervento su Gay.it, una lettera aperta in risposta a una intervista al Pavido Democristo Ivan Scalfarotto e devo riconoscerle la piena condivisibilità.
 

Ho pensato bene di riproporla per intero su questo blog.

L'originale su Gay.it potete leggerla cliccando qui. L'intervista a Ivan Scalfarotto cliccando qui.


In queste settimane di acceso dibattito sulla legge contro l'omotransfobia in discussione alla Camera, rare sono state le occasioni di analisi e confronto reali e concrete, marginalizzate da un'inflazione di contrapposizioni per slogan e frasi ad effetto, funzionali più alla vis polemica dei media (e di certa politica) che non a un serio approfondimento sul tema. Approfitto perciò della disponibilità di Gay.it (che, al contrario, si adopera nel raccogliere ragionamenti e non boutade: di questo sentitamente li ringrazio) per mettere nero su bianco alcune considerazioni che mi sono scaturite dalla lettura dell'intervista all'onorevole Ivan Scalfarotto. Nelle argomentazioni poste dal relatore della legge contro l'omotransfobia trovo alcuni punti condivisibili e molti altri decisamente opinabili. Ma soprattutto una parola mi ha colpito: "rivoluzione". L'onorevole la riferisce all'eventualità che questo parlamento approvi - con una maggioranza ampia ma lontana dall'unanimità - la sua proposta di legge completa dell'emendamento che da un lato estende le aggravanti per omofobia e transfobia e dall'altro - pelosamente - precisa il rispetto della libertà di opinione, secondo quanto stabilito dalla nostra Costituzione. Ecco, credo che nell'ambito di questo dibattito sia innanzitutto urgente ristabilire la misura, nelle parole e nei significati che esse veicolano. 
Il significato di "rivoluzione"
Le rivoluzioni, onorevole Scalfarotto, sono un'altra cosa: ce lo dimostra tanto la nostra storia quanto la fotografia di un presente in cui le rivoluzioni (fuori dall'Italia, naturalmente) avvengono davvero. Definire rivoluzionario l'eventuale successo di questo percorso legislativo non aggiunge nulla all'indiscusso riconoscimento dell'impegno di Ivan Scalfarotto in questa battaglia, anzi semmai toglie slancio e accorcia l'orizzonte di un Paese che invece la rivoluzione - quella vera - avrebbe tanti motivi per sognarla davvero. Allora facciamo un passo indietro: la legge Reale Mancino ci accompagna ormai da tre decenni ed è più volte stata rimaneggiata affinché si adeguasse alla fotografia del presente. Fa bene Scalfarotto a ricordare che parliamo di un provvedimento penale, che interviene a reato già compiuto, cioè quando il musulmano o il nero sono stati già picchiati o insultati. Un deterrente per i violenti, verrebbe da pensare, talmente fiacco però (o malamente applicato) da non essere riuscito a privarci della vista di una ministra di colore accolta ad un pubblico dibattito con un lancio di banane. L'estensione della Reale Mancino ai crimini di natura omotransfobica, quindi, è un rimedio emergenziale, dovuto e indispensabile, ma che nulla ha a che fare con le rivoluzioni. Anzi: è la presa d'atto di una politica che non riuscendo a scongiurare le derive del tessuto sociale corre ai ripari, con diversi anni di ritardo. Nel farlo, tra l'altro, percorre la solita strada, cioè quella del compromesso al ribasso: Scalfarotto, nell'intervista rilasciata a questa testata, mi rimprovera un piglio "liberticida", come se la mia contrarietà (di Arcigay e di tutto il movimento lgbt) all'inserimento in quella legge di una clausola di salvaguardia per il reato di opinione fosse l'inizio di una nuova Inquisizione. 

La questione del "reato d'opinione"
L'ambiguità, ancora una volta, è tutta di natura semantica: ci vorrebbe spiegare l'onorevole Scalfarotto cosa intendiamo per "opinione"? Concretamente: l'assessore Roberto Speranzon, che sulle pagine di un quotidiano assimila le famiglie omogenitoriali e i loro figli a "organismi geneticamente modificati", sta esprimendo un'opinione? Quando gli omosessuali vengono definiti "malati" o "contronatura", chi usa questi argomenti lo fa esercitando la propria libertà di opinione? Oppure, piuttosto, non ci troviamo di fronte a un esplicito atto di incitazione all'odio? Qual è il confine tra le opinioni e le ingiurie? Come tutelare le prime, sanzionando le seconde? Su questo la politica deve essere chiara e spetta al legislatore entrare nel merito di questo discrimine, senza sventolare la retorica costituzionale, tradita in così tante occasioni da far sembrare questo riferimento, in questo contesto, assolutamente fuoriluogo. Inoltre, più semplicemente, non si capisce l'utilità di richiamare la Costituzione all'interno di una norma che naturalmente si muove nell'ambito della Carta, né si comprende perché il rischio di ledere a questa libertà venga sottolineato proprio oggi, quando si parla di omotransfobia, in una legge che quella libertà non l'ha mai lesa in trent'anni. Misteri della politica. 

Il ricatto della tenuta del governo Letta
Del ragionamento di Scalfarotto, però, trovo assolutamente inaccettabile l'aut aut "o la legge o il governo" attraverso il quale si tenta di giustificare l'accordo con il Pdl, come se fossero gay, lesbiche e trans a doversi prendere la responsabilità dell'eventuale caduta dell'esecutivo, sbandierata a giorni alterni dai falchi berlusconiani. Allora diciamocelo chiaramente, una volta per tutte: se questo governo deve stare in piedi per garantire un salvacondotto a un pregiudicato, per togliere l'Imu eliminando gli incentivi al lavoro e per tacere, in sede internazionale, dinanzi alle ignobili leggi omofobe di Putin, senza garantire nel contempo la giusta tutela alle persone vittime di violenza in questo Paese, allora è giusto che cada. Anzi: è auspicabile. Perché prima ancora di fare cose "rivoluzionarie" a questo governo era stato chiesto di produrre un cambiamento, che sui temi lgbt passa sì attraverso l'estensione della legge Mancino, ma che soprattutto attende la messa in campo di un serio dibattito sull'uguaglianza, in grado di produrre leggi che traducano quell'uguaglianza in diritti: al matrimonio, all'adozione, alla definizione della propria identità e, più in generale, alla felicità. Basti pensare che in Spagna, dove il matrimonio egualitario è legge da anni, non è mai stato necessario varare una legge contro l'omotransfobia, tema di cui si inizia a parlare solo in queste settimane nel parlamento catalano, per porre rimedio a un fenomeno che è stato già aggredito alla radice. Perché le leggi che fanno cultura non sono i "pacchetti sicurezza" bensì quelle che ridisegnano la struttura sociale e che iniettano il cambiamento in tutti i luoghi formativi, dalla scuola, alla famiglia, allo sport. E qui arriviamo al vero nocciolo della questione: quale progetto questa classe politica ha in mente per affrontare il tema dei diritti e quello dei crimini d'odio nel loro complesso? Una volta approvata la legge contro l'omotransfobia, quale sarà il passo successivo? Perché questo Paese ha davvero bisogno di una rivoluzione e su questo è urgente che tutte e tutti mettiamo da parte i livori e apriamo un confronto serio per costruire un orizzonte credibile, che è poi il vero senso della politica.

Appello al movimento lgbt
Infine rivolgo un'ultima considerazione alle compagne e ai compagni del movimento lgbt: in queste settimane ho intercettato dichiarazioni pubbliche molto violente, coerenti più con la storia dei nostri detrattori che con la nostra. La rabbia è legittima e giustificata, ma le pratiche politiche non devono essere vittime di improvvisazione. Allora siamo tenaci nella battaglia, perfino irremovibili, stando attenti però a non sfociare mai nella violenza, nell'ingiuria e nell'attacco personale. Non è una questione di opportunità, è semmai un fatto di identità: teniamoci stretta la nostra storia, il nostro patrimonio culturale, e usiamolo come faro in questi mesi di politica torbida e insoddisfacente. Altrimenti corriamo il rischio paradossale di apparire come il più violento dei movimenti non violenti.

Flavio Romani - Presidente nazionale di Arcigay

Le ecolalie di Veronesi

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Non c'entra l'età perchè Rita Levi Montalcini ben più grande di lui ragionava ancora perfettamente.

Il problema non è nemmeno che a Veronesi sfugga la differenza tra identità di genere e orientamento sessuale.

Quello che non riesco a credere possa davvero avere detto, perchè privo di ogni base scientifica,  è che il comportamento possa modificare biologicamente il fenotipo (senza dimenticare che in nessun caso la modifica del fenotipo implica la modifica genetica e dunque queste varianti vanno perse alla generazione successiva)


Mi riferisco all'intervista delirante di Veronesi dal titolo I bisessuali domineranno l'umanità pubblicata da Repubblica nella quale il neo senatore a vita dice sostanzialmente una marea di inesattezze che anche una persona con la sola Licenza scientifica sarebbe in grado di confutare.

Soprassedendo sulle affermazioni sulle funzioni ormonali o sui loro effetti che non sono affatto fatti acquisiti ma teorie dibattute tutt'altro che condivise (cfr. all'uopo Lisley Rogers Sesso e cervello Einaudi, Torino 2000 e Cordelia Fine Maschi=Femmine Ponte alle Grazie, Milano 2011) c'è un passaggio che è proprio un orrore scientifico:
"Più un uomo si avvicina a ruoli che non richiedono particolare mascolinità, come avveniva nell'antichità, tipo cacciare,  uccidere, combattere altri uomini, faticare per procurarsi il cibo, meno la sua ipofisi riceverà stimoli dall'ipotalamo e, giorno dopo giorno, i testicoli rallenteranno la loro funzionionalità [sic]. Lo stesso discorso vale per la donna, costretta invece a  sviluppare aggressività per imporsi socialmente, fare carriera, comandare persone,  assumersi responsabilità; per cui l'ovaio tende a ridurre la produzione di estrogeni, su istruzione dell'ipotalamo. Il risultato è che le differenze di genere si attenuano e si attenua di conseguenza l'attrazione reciproca, che in natura avviene sempre fra poli opposti".
Al di là dei limiti di una spiegazione biochimica che non tenga conto della cultura (in senso antropologico)  la programmazione genetica non può essere modificata da un comportamento o da un pensiero.

Se i mie testicoli producono testosterone non è che comportandomi da femmina (sic!) i miei testicoli ne produrranno di meno...

Tant'è che le persone che transitano di sesso devono assumere ormoni dell'altro sesso per modificare i caratteri sessuali secondari altrimenti il proprio corpo biologico riprende il sopravvento.

Di più, ripeto ancora, senza entrare in merito alla sovrapposizione tra due concetti diversissimi come sesso e genere che a Veronesi sfuggono, Veronesi commette lo stesso errore di Lamarck quando dice:

Le attuali condizioni sociali stanno facendo emergere con sempre maggiore evidenza questo aspetto; è ragionevole pensare che il trend continuerà stabilmente nel futuro, salvo grandi rivoluzioni socio-demografiche. E' un'evoluzione in corso che sfocierà in una nuova e più ampia sessualità, senza una data di inizio e una di fine.

Se Veronesi parla di aspetto biologico (e non culturale) solo una mutazione genetica può provocare quel che lui vede in questa evoluzione e nei termini dell'evoluzione genetica i seimila anni di storia scritta del genere umano e donnano sono un nanosecondo... Troppo poco tempo perchè queste differenze vengano davvero scritte evoluzionisticamente nel nostro corredo genetico. Per cui sono elementi culturali che riguardano la nostra cultura e la nostra organizzazione sociale molto più di quanto riguardano la nostra biochimica.

Che a Veronesi sfugga la differenza tra identità sessuale (maschio e femmina o intersex) e orientamento sessuale (omo, etero o bisex) lo si evince quando confonde, appunto, l'intersessualità con la bisessualità.

"Biologicamente il 'sesso incerto'è una patologica accentuazione della bisessualità. Tutti siamo potenzialmente bisessuali: i maschi  hanno le mammelle e la loro prostata è una specie di utero, mentre le donne hanno un clitoride che è una sorta di pene. Negli individui di sesso incerto, o intersex, c'è una discrepanza fra il genere scritto nei cromosomi, XX per la femmina e XY per il maschio, e gli organi genitali. In circa il 50% dei casi questa doppia identità sessuale alla nascita è dovuta al difetto genetico di un enzima che produce un eccesso di testosterone nel feto. Se il futuro bimbo è femmina, avviene una mascolinizzazione dei genitali: la clitoride è lunga come un pene e la vagina è quasi inesistente".

non è d'altronde l'unica confusione che ha e fa.
"L'intervento chirurgico corregge l'anatomia, ma non risolve l'aspetto psicologico.
Anche il cervello infatti nel grembo materno è stato esposto, come i genitali, ad un eccesso di ormoni maschili. Ora la domanda è: conviene operare subito nella speranza che la mente segua la variazione del corpo, oppure è meglio attendere qualche anno, o addirittura, la  pubertà, per capire quale identità sessuale si è effettivamente creata nella psicologia dell'individuo intersex? E' una domanda ancora aperta su cui è necessario dibattere".
Se questo è uno scienziato io sono magro, anzi magrissimo!


La giornalista (sic!) Valeria Pini non si azzarda e nemmeno a fargli delle domande che mettano in evidenza le cialtronerie che Veronesi dice. Tanto lei ne sa meno di lui. Ora c'è da chiedersi: Veronesi ci fa o ci è? Si è davvero rincoglionito o pensa davvero di dire delle cose scientifiche?

La risposta migliore sarebbe chissenefrega.

Però il giorno che tirerà le cuoia (il più lontano possibile, per carità!) io so che vivrò in un mondo migliore.

Grazie al mio amico Giulio che mi ha segnalato l'articolo.

Che cosa dice davvero il testo unificato delle proposte di legge Scalfarotto ed altri; Fiano ed altri; Brunetta ed altri recante disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia (C. 245-280-1071-A) appena licenziato dalla Camera

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Si era partiti da una proposta di legge (n° 245) nella quale si specificavano


A RT .  1.
(Definizioni  relative  all’identità  sessuale).
1. Ai fini della legge penale, si intende
per:
a) « identità sessuale »: l’insieme, l’in-
terazione  o  ciascuna  delle  seguenti  com-
ponenti: sesso biologico, identità di genere,
ruolo  di  genere  e  orientamento  sessuale;
b) « identità di genere »: la percezione
che  una  persona  ha  di  sé  come  uomo  o
donna,  anche  se  non  corrispondente  al
proprio  sesso  biologico;
c) « ruolo di genere »: qualunque ma-
nifestazione esteriore di una persona che
sia conforme o contrastante con le aspet-
tative  sociali  connesse  all’essere  uomo  o
donna;
d)  « orientamento  sessuale »:  l’attra-
zione  emotiva  o  sessuale  nei  confronti  di
persone dello stesso sesso, di sesso opposto
o  di  entrambi  i  sessi.
e si dichiarava reato penale la discriminazione e gli atti di violenza motivati dall'identità sessuale della vittima (definita dalla legge come l’insieme, l’in-
terazione  o  ciascuna  delle  seguenti  componenti: sesso biologico, identità di genere, ruolo  di  genere  e  orientamento  sessuale).

Durante l'esame in commissione il testo unificato (diverso dalla 245 ma che manteneva ancora l'articolo 1) presentato il  9 luglio viene sostituito da un nuovo testopresentato il 22 luglio dagli stessi che avevano presentato la proposta di legge 245.

ALLEGATO 1
Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia. C. 245 Scalfarotto, C. 1071 Brunetta e C. 280 Fiano.
EMENDAMENTO DEI RELATORI
ART. 1.
Sostituire l'articolo 1 con il seguente:
Art. 1.
1. All'articolo 3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni sono apportate le seguenti modifiche:
   a) al comma 1, alle lettere a) e b) sono aggiunte le seguenti parole: «o fondati sull'omofobia o transfobia»;
   b) al comma 3, primo periodo, dopo le parole «o religiosi» sono aggiunte le seguenti parole « o fondati sull'omofobia o transfobia».
  2. Al Titolo del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni della legge 25 giugno 1993, n. 205, dopo le parole «e religiosa» sono aggiunte le seguenti: «ovvero fondata sull'omofobia o transfobia».
  3. Alla rubrica dell'articolo 1, del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni della legge 25 giugno 1993, n. 205, dopo le parole «o religiosi» sono aggiunte le seguenti: «ovvero fondati sull'omofobia o transfobia».
  Conseguentemente sopprimere gli articoli 2, 3 e 4.

Senza definire omofobia e transfobia che, dunque, non hanno una dimensione legale precisa e sono lasciate alla discrezione interpretativa della magistrata.

Da questo testo unico scompaiono le aggravanti (art 3) per cui si dichiara reato picchiare una trans ma chi la picchia si fa meno galera di chi picchia una nera o un'ebrea. Alla faccia della parità di diritti.

Nella discussione in aula vengono reintrodotte le aggravanti dall'emendamento Verini (Pd) che però specifica anche che:

   c) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
    «4. Ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all'odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente.»
Non contenti l'Assemblea approva anche il sub-emendamento (cioè un emendamento a questo emendamento) proposto dalla commissione

  Alla lettera c), capoverso comma 4, aggiungere, in fine, le seguenti parole: ovvero anche se assunte all'interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all'attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni.
Questa specifica vale per tutti i reati della legge Reale non solo per quelli di omofobia e transfobia.

Adesso datemi dell'estremista, o ditemi pure che non mi accontento mai, ma dire che l'omosessualità è immorale o che è una malattia o è giusto o è sbagliato e tertium non datur

Nessuna fa il processo alle intenzioni.
Per cui chiunque può pensarlo.
Ma non può dirlo pubblicamente.
Perchè dirlo discrimina chi è omosessuale.
Questa limitazione del diritto di pensiero è contemplata non solo nella nostra Costituzione nel suo articolo 3 laddove si dice che Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale ma anche nelle altre carte di diritti da quella dei diritti dell'uomo* a quella europea**.
Adessoè indubbio che annoverare l'omosessualità tra le malattie o tra i comportamenti immorali lede la dignità sociale di queste persone e dunque non può esseresostenuta o propagandata in nome di un diritto alla libertà di pensiero.

Nessuna può venirmi a dire cosa io posso pensare o non pensare nell'intimità della mia vita privata anche se questi miei pensieri sono contrari alla Costituzione.

Ma laddove le mie idee da private diventano pubbliche  non possono contrastare alcun articolo Costituzionale.

Per cui posso pensarlo e dirlo privatamente ma non pubblicamente perchè quel che penso e dico è contrario alla Costituzione.

Così di fronte agli striscioni antisemiti o razzisti negli stadi gli stessi vengono tolti e la squadra dai cui spalti quegli striscioni sono stati messi viene sanzionata anche a giocare partite senza pubblico.

Nessuna si sogna di dire che sanzionare le idee antisemite o razziste leda la libertà di opinione.

Adesso sicuramente le leggi da sole non bastano a cambiare una mentalità e normalmente sostengono un sentire comune che c'è già.

Ma non sempre cioè può avvenire o è avvenuto.

La cancellazione del delitto d'onore, considerare lo stupro come reato contro la persona e non contro la pubblica morale per esempio, sono stati acquisiti tardi nella storia legislativa del nostro Paese e dopo durissime lotte politiche e lunghissimi tentativi (una lotta quasi trentennale per la legge contro lo stupro) e ancora oggi parti sensibili dell'opinione pubblica continuano a pensarla come prima dell'introduzione di queste leggi.
Evidentemente queste leggi non servono a cambaire la mentalità ma a difendere le categorie discriminate da quella mentalità.

Chi non capisce questo punto e afferma che la legge Mancino non serve  a cambiare la testa della gente o è deficiente (nel senso letterale del termine) o è furba.
Questo sub-emendamento serve per proteggere chi vuole continuare a discriminare le persone omosessuali e non solo.

L'omosessualità nel nostro parlamento continua a essere usata come grimaldello per sfaldare le leggi più avanzate che zittiscono razziste antisemite e omofobe.

Però fa più comodo parlare di legge in difesa della lobby gay.


Così come fa comodo pensare che la Mancini serva a risolvere ogni probelma, come pretendono chi, come Scalfarotto, pensa che questa legge sia epocale.

Invece ha ragione da vendere Cristiana Alicata che sul suo blog scrive

Si impedisce davvero la violenza omofoba (come quella contro le donne ad esempio) solo se si ricostruisce un paese civile, solo se si demolisce l’impianto patriarcale secondo cui il maschio detiene il potere sulla donna, principio da cui discende che una lesbica può essere guarita incontrando il “vero maschio” (all’estremo c’è lo stupro correttivo) o il maschio gay tradisce la “virilità”  (e quindi all’estremo può essere pestato ed umiliato). Se non si coglie questo profondo passaggio culturale a mio avviso si guarda la toppa per tappare il buco e non si fa nulla per non creare quel buco.
Lo ripeto: non sto dicendo che non abbiamo bisogno della Legge Mancino o che la Mancino vada abolita per tutti: non voglio però che la Mancino rappresenti un alibi di Stato per non spendere risorse umane ed economiche nella prevenzione che è molto più difficile e che certamente può abitare solo in un Paese più stabile politicamente e con una classe dirigente che abbia una visione lunga e non la necessità di fare cose di impatto mediatico, ma che portano scarsi risultati in profondità.

Un'ultima cosa.

Ben venga la richiesta di dimissioni di Scalfarotto che la storia ha già annoverato come uno dei peggiori politici della causa lgbt (chissà se avrà il fegato di denunciare anche me come ha fatto con un commentatore verbalmente aggressivo) ma dobbiamo ricordare che Scalfarotto non ha agito da solo e che non dobbiamo farne un capro espiatorio solo perchè lui che è gay quell'emendamento non doveva votarlo vieppiù.

Anche questa è una forma di discriminazione.

La registrazione stenografica riportata sul sito della camera chiarisce bene cosa voglio dire.

E' una lettura che consiglio a tutte

E te pareva che me toccava difendere pure quello sprovveduto di Scalfarotto!










*
Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico, e del benessere generale in una società democratica.
articolo 29 della dichiarazione dei diritti umani

**
Articolo 10 – Libertà di espressione
1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza inge­renza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo noti impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizza­zione le imprese di radiodiffusione, di cinema o di televisione.
2. L’esercizio di queste libertà, comportando doveri e responsabilità, può essere sot­toposto a determinate formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge e costituenti misure necessarie in una società democratica, per la sicurezza na­zionale, l’integrità territoriale o l’ordine pubblico, la prevenzione dei reati, la prote­zione della salute e della morale, la protezione della reputazione o dei diritti altrui, o per impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o per garantire l’autorità e la imparzialità del potere giudiziario.
articolo 10 CEDU- Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

Boicottare è una cosa seria. Sulle dichiarazioni NON SOLO omofobe di Guido Barilla.

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Le dichiarazioni omofobiche rilasciate da Guido Barilla al programma La Zanzara sono ormai di dominio pubblico.
"Non fare mai uno spot con una famiglia omosessuale. Non per mancanza di rispetto ma perché non la penso come loro, la nostra è una famiglia classica dove la donna ha un ruolo fondamentale".

Ma la pasta la mangiano anche i gay, osserva David Parenzo. E Barilla: "Va bene, se a loro piace la nostra pasta e la nostra comunicazione la mangiano, altrimenti mangeranno un'altra pasta. Uno non può piacere sempre a tutti".

"Io rispetto tutti" - "facciano quello che vogliono senza disturbare gli altri. Sono anche favorevole al matrimonio omosessuale, ma no all'adozione per una famiglia gay. Da primo padre di più figli credo sia molto complesso tirare su dei bambini in una coppia dello stesso sesso". (fonte la zanzara)

Il boicottaggio suggerito dalle stesse parole, di Barilla non è stato visto beneIl ricciolo schiattoso in un post splendido che vi consiglio di leggere tutto:
da tutte, non capendone bene il significato che spiega bene  la blogger de
Gli omosessuali, ci dice Guido Barilla, non devono disturbare gli altri. Ma siccome quello che disturba degli omosessuali è il loro essere omosessuali, temo che l’unico modo che abbiano gli omosessuali per non disturbare le persone come Guido Barilla, sia non esserci.
Se non è omofobia questa…

Peccato che - a cominciare dal Corriere della sera che ha estrapolato solo alcune delle dichiarazioni di Barilla - le dichiarazioni di Barilla non siano state criticate nella loro interezza escludendo la prima parte nella quale la prolusione di Laura Boldrini contro l'uso strumentale della donna negli spot televisivi viene criticata da Barilla e da Cruciani, il conduttore de La zanzara, che prima la chiama signora e poi il presidente.


Da maschi maschilisti e fascisti quali sono Barilla e Giuseppe Cruciani il conduttore de La Zanzara non sembrano proprio vedere la gravità di questi spot dicendo che, dopo aver servito in tavola, le donne vanno anche a lavorare.
Cosa ha detto Barilla contro le donne?

Ce lo dice Giulia Silverio sul suo blog sul sito del manifesto
La pubblicità è una cosa molto seria e va discussa in genere da persone che ne capiscono di pubblicità. Laura Boldrini non capisce bene che ruolo svolge la donna nella pubblicità E’ madre, nonna, amante, cura la casa, cura le persone care, oppure fa altri gesti e altre attività che comunque ne nobilitano il ruolo. E’ una fondamentale persona per la pubblicità, non solo italiana. In tutti i Paesi del mondo la donna è estremamente usata.
Ho pensato che il Presidente [sic!] della Camera che si abbassa a parlare di pubblicità quando peraltro non ha le competenze è abbastanza patetico. La comunicazione è una leva fondamentale per il commercio e ognuno la fa come meglio crede, nel rispetto delle regole. Ci sono i giurì che controllano la qualità dei comunicati, se qualcuno fa male viene ripreso e ampiamente multato.
La Boldrini dicendo quelle cose danneggia se stessa, non l’azienda, perché la gente reale quando va a comprare bada alla qualità dei prodotti, al costo, a soddisfare i bisogni. Tutto il resto sono frottole.
Parole pesanti che Silverio commenta così.

Le donne sono spesso associate ad altre categorie di persone: giovani, anziani, immigrati, omosessuali e così via. L’errore è elementare. Quella femminile è una differenza primaria, la differenza che si colloca prima di tutte le altre differenze: quando si viene al mondo, da una madre, o si è maschi o si è femmine. Mi hanno insegnato che per far comprendere e rendere immediatamente chiaro il sessismo o la discriminazione di certe affermazioni o posizioni basta sostituire alla parola “donna” quella di immigrato, omosessuale, ecc. Ben sapendo che si tratta solo di un trucco. Il fatto è che nell’intervista di Guido Barilla sono presenti entrambe le differenze. E che una è colpevolmente scomparsa al cospetto dell’altra. Nell’indignazione generale, forse anche a questo dovremmo dedicare una riflessione.
All'estero questa parte della trasmissione contro le donne non è proprio arrivata e lì il boicottaggio ha riguardato solo le dichiarazioni omofobe di Barilla.

Qui in Italia solo le donne hanno reputato necessario denunciare anche il maschilismo delle dichiarazioni di Barilla (e di Cruciani) mentre i siti froci e  frociofili non ci hanno nemmeno pensato.

O per mancanza d'informazione - eppure bastava andare  a sentire il podcast della trasmissione (sempre risalire alla fonte primaria se si può, e oggi con internet si può sempre se non si può ci si deve insospettire...) - o per mancanza di coinvolgimento (e che so' una donna io?) come, chi legge questo blog, sa bene.

Un altra cancellazione è quella che riguarda il razzismo.

Barilla subito dopo la tirata contro Boldrini e subito prima di quella contro le famiglie gay ricorda che negli anni ottanta avevano fatto un film con una cinesina diminutivo razzista e esempio di pessimo italiano in quando si tratta di una bambina cinese (in realtà è cambogiana...) e non di una cinesina che fa tanto esotico e, ribadisco, razzista.



Lo spot, retorico, con l'insopportabile musica di Vangelis che tanto fu irrisa all'epoca, è però efficace nel mostrare in maniera semplice un incontro tra culture differenti.

Barilla dunque, dopo avere fatto dichiarazioni maschiliste, e ancora prima di quelle omofobe ha detto qualcosa di razzista.


Se bisogna boicottare, com'è giusto io credo che si faccia, bisogna farlo per tutte le ragioni e non solo quella corporativista del proprio gruppo di appartenenza.

Non solo è lecito boicottare Barilla in seguito alle dichiarazioni di chi ne è proprietario e la dirige ma è un dovere civico. 

Però chiedo a tutte un po' di coerenza. Lo strumento del boicottaggio  è uno strumento serio e se va usato va usato smepre e con consapevolezza.

Va benissimo non comperare più il marchio Barilla e tutti gli altri marchi ad esso collegati, e sono tanti*, ma facciamolo per tutte le sue dichiarazioni non solamente per quelle contro le famiglie gay.

E se boicottiamo Barilla non possiamo non boicottare il sole 24ore che permette ai due conduttori de La zanzara ospitato sul suo network di fare il programma che fanno.

Nella puntata del giorno dopo i due conduttori difendendo il diritto di Barilla di non fare spot con i gay criticando il boicottaggio, senza capire che lo si boicotta per le parole discriminatorie e non per la mancanza di figure gay nei suoi spot (le aziende che lo fanno in Italia si contano sulle dita di una mano)  scherzano su una ipotetica pubblicità che ritrarre delle persone gay, descritte come uomini dalle movenze omosessuali che mangiano spaghetti coi piselli...

A Giuseppe Cruciani ricordo che questa sua idea delle movenze da omosessuale era già stata criticata e coperta di ridicolo perchè infondata più di 30 anni fa nel film La patata bollente (Italia, 1979) di Steno.


Infine. I motivi per cui una azienda va boicottata non sono solo quelli derivanti dalle dichiarazioni omofobiche del management.

Secondo la Guida al consumo critico delle Edizioni Missionarie Italiane(sì avete letto bene non i soliti comunardi ma il meglio della cultura cattolica) Barilla compie azioni antisindacali, ha stabilimenti in stati non democratici (tra i quali Messico e Tirchia) si avvale dei paradisi fiscali mentre tra i proprietari figura dal 1979 la famiglia elvetica Anda-Bührle, grande azionista del gruppo Oerlikon che produce che in passato ha rifornito di armi il regime Nazista e nel dopoguerra diverse dittature in Africa e Asia (fonte quotidianosostenibile).

Sempre secondo quotidiano sostenibile più di recente (l'ultima edizione della Guida EMI è ferma al 2008)
Nel 2010 ha stipulato contratti con le forze armate USA per 55.000 dollari.

Nel 2011 il gruppo è stato condannato a pagare una multa di 5,7 milioni di Euro per aver formato, assieme ad altri 25 produttori di pasta, un cartello per la fissazione del prezzo del prodotto.

Nel 2010 il Tar del Lazio ha confermato la condanna dell’Antitrust inflitta all’azienda per Pubblicità ingannevole del prodotto Alixir.
Insomma le dichiarazioni maschiliste, razziste e omofobe di Guido Barilla si aggiungono a un comportamento non immacolato dell'azienda da lui gestita...

Purtroppo mentre all'estero il boicottaggio viene fatto in termini seri, precisi e consapevoli in Italia anche un boicottaggio di per sé giusto diventa una trovata alla quale si aderisce come si clicca mi piace all'ultimo disco di Lady Gaga.

Fidandosi di una informazione come minimo parziale. Eppure basta davvero poco per documentarsi come ho fatto io...


Un ultimo consiglio. Non fidatevi dei quotidiani che magari vi inducono a credere che Buitoni sia più gayfriendly perchè su facebook ha pubblicato questo post.

Buitoni è della Nestlè che viene boicottata da anni per motivi ben più gravi delle dichiarazioni omofobiche e maschiliste di Barilla.

Se non sapete perchè Nestlè va boicottata vuol dire che non siete cittadine consapevoli e che per quel che mi riguarda il diritto al boicottaggio ve lo dovete conquistare, informandovi.

Magari cominciando proprio dai crimini che la Nestlè compie in tutto il Pianeta...





* Marchi e società del Gruppo Barilla
  • Academia Barilla
  • Barilla
  • Filiz
  • First
  • Harry's
  • Misko
  • Mulino Bianco
  • Pavesi
  • Vesta
  • Yemina
  • Voiello
  • Wasa

Siamo un paese di persone morte. Su alcune dichiarazioni di solidarietà a Guido Barilla

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E' tardi, sono stanco e avvilito, eppure ho verificato la fonte. D'altronde le loro affermazioni sono troppo terribili per essere false.

Parlo delle dichiarazioni di solidarietà a Barilla riportate da  Giornalettismo .

Al di là della solidarietà le considerazioni che in questi attestati si fanno mostrano la feccia, il marcio, il medievalismo di un paese che è culturalmente morto, politicamente inesistente, culturalmente azzerato. Un paese che può solo togliersi di mezzo.

Intanto i nomi: CasaPound, Moige, Azone Studentesca, Forza Nuova la feccia della feccia italiana non così minoritaria come la si pretende.

Il politicamente corretto

Intanto tutte compiono un falso ideologico cercando di fare delle dichiarazioni maschiliste e omofobe di Barilla una questione di politicamente corretto.

Il politicamente corretto però riguarda la forma e non il contenuto. Se cioè è meglio dire non deambulante o paralitico. Non riguarda invece se è lecito o meno dire che i paralitici andrebbero uccisi perchè sono un peso per la società.

La pretesa di restare apolitici.

La politica non dovrebbe entrare nella pubblicità o nei beni alimentari si dice.
Naturalmente ogni nostra scelta è politica visto che politica non significa la tifoseria del partito con cui ci si schiera ma le scelte con le quali conduciamo le nostre azioni nella vita della città. Per cui anche dire che la politica dovrebbe rimanere fuori dalla pubblicità è una posizione politica precisa e chiara.


L'odio per le donne oltre che per le persone omosessuali

Le critiche di Boldrini non vengono prese in considerazione da Casapound che liquida tutta la faccenda come
“l’ennesimo specchietto per le allodole, volto a creare vuoto chiacchiericcio mentre l’asse produttivo dell’Italia viene spolpato. Sono armi di distrazione di massa, buone solo a spostare il dibattito politico verso tematiche inconsistenti, banali e conformiste”.
Eugenia Roccella (PDL) gioca sporco e afferma che
“Guido Barilla è un uomo coraggioso, perché ormai ci vuole coraggio a difendere la famiglia formata da un uomo e una donna e magari persino ‘fondata sul matrimonio’, come dice la nostra Costituzione.
E infatti la costituzione dice che il matrimonio è per tutte non solo per le persone di sesso diverso...

Particolarmente disgustosi sono gli attacchi fatti alla Presidente della Camera:
Se poi la presidente Boldrini non apprezza il lavoro di cura e non si e’ mai alzata da tavola, come gesto d’amore nei confronti dei familiari, e’ una sua scelta, che non puo’ pretendere di imporre a tutte le italiane. Le pari opportunita’ non significano rinunciare alla cura materna e al piacere di non calcolare i gesti di affetto”.
Sindrome di Stoccolma? Maschilismo interiorizzato?

Per la foto di Davide Pirillo , segretario regionale della Calabria di Forza Nuova su facebookho solo una parola: LOMBROSO.

Il Moige si accanisce con ferocia contro la donna liberata ed emancipata:

Apprezziamo la scelta di comunicare il prodotto con la famiglia naturale e, come costituzione indica, valorizzando il ruolo della donna-madre in casa.  “Crediamo che la libertà – continua la nota- sia un principio indiscutibile e centrale in ogni comunicazione, e fa piacere che una grande realtà come Barilla, confermi la scelta comunicativa di parlare alla famiglia naturale composta da mamma, papà e bambini".
Quindi per il  Moige nemmeno le famiglie monoparentali sono naturali... 

Azione Universitaria dimostra di non capire niente perchè fa passare il boicottaggio a Barilla come un continuo attacco contro chi si dichiara contrario ai matrimoni omosessuali e questo è inaccettabile in un Paese civile.

Peccato che Barilla si sia dichiarato favorevole...

Anche Andrea Volpi, presidente di Azione universitaria si distingue per la sua ferocia maschilista:
“Ha ragione il dottor Barilla – continua la nota – quando dichiara che la pubblicità è una cosa seria e che la Boldrini dovrebbe astenersi da certe dichiarazioni anche perchè dimostra ogni giorno di essere inadatta al ruolo che gli è stato affidato. Barilla ha detto ciò che pensano la maggioranza degli italiani e noi non possiamo accettare che lo spauracchio dell’omofobia o del razzismo limiti la libertà di pensiero e di espressione, riducendo tra l’altro un dibattito etico serio a una farsa grottesca”.
Lo spauracchio del Razzismo o dell'omofobia...

Barilla è dottore e a Presidente della Camera (quarta carica dello Stato) la Boldrini...

Su una cosa Andrea Volpi ha ragione il fato che le idee di Barilla siano quelle di molte italiane...

A proposito dei due (so far) furbetti fascisti che scrivono sul Fatto Quotidiano.

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Non hanno perso tempo i maschi maschilisti e fascisti (patriarcali, misogini e omofobici) italioti a criticare le reazioni di protesta e il boicottaggio alla pasta Barilla che si sta spargendo in tutto il mondo e non solo in Italia adducendo le spiegazioni più svariate e partendo sempre da semplificazioni di quanto accaduto che dimostrano quanto dell'argomento non solo non freghi loro nulla ma anche che sostanzialmente non ne capiscono nulla.

Mi è capitato di leggere due di questi articoli  su Il fatto quotidiano un giornale che non mi è mai piaciuto proprio perchè ci si trovano articoli come questi e che per questo non compro mai, nei quali due cittadini comuni che non si capisce come mai scrivano su un quotidiano cercano paternalisticamente di spiegare alla massa di persone indignate (che per loro è fatta solo di gay, niente lesbiche, niente persone etero o bisex ugualmente indignate, e, soprattutto, niente donne) dove hanno sbagliato e perchè.

Sono puri esercizi di retorica da regime  scritti con un linguaggio aggressivo e giudicante, discriminatorio e offensivo, che dimostrano davvero quanto l'ignoranza e la mancanza di consapevolezza in questo paese di merda e di merde siano diffusi irrimediabilmente.

I due articoli sono Caso Barilla: cari gay, è il momento di crescere 
di Domenico Naso e Mi dia mezzo chilo di Barilla e il solito anestetico, grazie
di Bruno Ballardini.

E' curioso come in entrambi i casi si additi come errore la scelta di boicottare Barilla o perchè scelta inefficace (Ballardini) o perchè scelta isterica (Naso).

E' strano come nel capitalismo avanzato le cui strategie di marketing nessuno mette più in discussione cercando anzi di ammannire l'omofobia di Barilla spiegandocene la natura inevitabile (Ballardini) a questi due simpatici omofobi sfugga l'idea che l'unico strumento concreto che una consumatrice (non una cittadina, non una persona) ha è quella di non dare i propri soldi.

Prima di qualunque efficacia il boicottaggio è un suo diritto e una sua rivendicazione, etica prima ancora che politica.

Io i soldi a qualcuno che dice o fa cose che non mi piacciono ho tutto il diritto di non darli. E se voglio esorto le altre a fare lo stesso.
Ma, si sa, quando i fascisti non possono menarti o ucciderti, ti fanno la paternale, ironica, sottile e intanto ti offendono e continuano a discriminarti.

Intanto in entrambi gli articoli tutte le affermazioni misogine maschiliste e omofobiche di Barilla vengono proditoriamente riassunte nella decisione di Barilla di non mettere gay nei suoi spot.

Come se alle persone indignate dalle affermazioni di Barilla (che non sono solamente gay come pretendono Naso e Ballardini) importasse qualcosa che non ci sono gay negli spot di Barilla.

Allora dovremmo comperare solamente Ikea e sughi ponti Althea !

Sembra essere tornati ai tempi di Angeli negri di Fausto Leali!

Ricordate la bellissima lettura che ne diede giusto 20 anni fa Pappi Coricato in Libera

E no cari Naso e Ballardini! Tutte le persone che protestano contro Barilla, uomini e donne, etero omo e bisex, per tacere delle persone trans e intersex, non protestano perchè vogliono un angelo gay protestano per le dichiarazioni di Barilla contro le donne  in generale e contro le persone omosessuali (e dunque di nuovo contro le donne visto che esistono pure le lesbiche, sapete?).

Si boicotta Barilla perchè dà della donna una immagine fascista di angelo del focolare, chiusa in cucina a badare ai lavori donneschi, prima, per poi magari andare anche a lavorare fuori casa (come ha ricordato Cruciani dalla sua trasmissione schifosamente discriminatoria di tutte).

Si boicotta Barilla  perchè afferma che lui non è d'accordo con i gay non su un argomento preciso ma in generale. Che vuol dire non essere d'accordo con qualcuno che non dice niente se non io esisto? Io sono. Ci sono anche io. che non è d'accordo con la loro visibilità. Infatti per Barilla i gay non devono disturbare gli altri e sono liberi di fare quello che vogliono, solamente a casa propria perchè fuori possono disturbare qualcuno con le loro rivendicazioni più o meno legittime.

Dov'è la strategia di marketing caro Ballardini?
Fosse strategia di marketing Barilla avrebbe detto non metto i gay nei mie spot perchè temo sarebbe una pubblicità controproducente.
Invece lui ne fa una questione personale.
Lui non è d'accordo con i gay (cioè non li vuole edere fuori casa loro) al punto tale che se ai gay questo non sta bene che comprino pure un'altra pasta.

Pero Ballardini ci vuole davvero fegato nel giustificare l'uso umiliante e maschilista del corpo femminile negli spot di chicchessia dicendo che ci sono delle regole di mercato che i gay non capiscono.

Ballardini ma per chi ci ha preso? Lei sa benissimo che se si parla oggi di omosessualità è perchè i gay sono una nicchia di mercato, perchè i gay comprano, perchè i gay vivendo senza figli (dicono gli esperti di marketing) hanno più soldi da spendere.
E quindi quanto serve anche solo simbolicamente il boicottaggio dei gay? TANTO.

D'altronde basta vedere come Barilla sia subito corso ai ripari per tamponare le dichiarazioni omofobo prima con un comunicato (nel quale ribadisce l'idea di donna del focolare...) e poi con questo video.


Chi difende Barilla o ha comunque da ridire sulla campagna di boicottaggio lo fa perchè la pensa esattamente come lui.
Infatti lei Ballardini che è omofobo quanto Barilla scrive:

[Barilla] Ha riaffermato cioè, in modo sia pure sgradevole, l’immagine di Marca. Ricordate lo slogan “Dove c’è Barilla c’è casa”? Ebbene, Barilla si riferisce da sempre alla “casa degli italiani” e alla “famiglia italiana”.
Il guaio, Ballardini per lei che è un omofobo dei peggiori, perchè lo è senza nemmeno rendersene conto,  è che nella casa degli italiani ci sono anche gay lesbiche e bisex (per tacere delle persone trans) che da quando non sono più al confino vivono nelle case come tutti gli altri italiani.

E che anche quelle gay sono famiglie perdio!

Che lei sia un deficiente (nel senso letterale del termine) lo si capisce quando scrive una corbelleria come la seguente:
Il problema è l’idea sbagliata che la sinistra ancora oggi ha delle funzioni della comunicazione strategica: perché pubblicità e marketing non hanno proprio nessuna capacità di “educare” le masse modificando i loro atteggiamenti.
E da questa sua affermazione si vede che lei e non Boldrini (senza quel maledetto la sessista, altro campo in cui lei è deficiente) non capisce niente di mass media.
Perchè se è vero che gli spot, come il resto dei mass media, non creano immaginario collettivo, però rimaneggiano quello esistente e possono rimaneggiarlo in senso progressista o in senso reazionario.In ogni caso che una strategia di marketing sia neutrale e non implichi anche una scelta politica lo pensano solo le persone naif come lei...

Una pubblicità che conferma lo stereotipo della donna fascista casalinga asservita e serva del maschio non si limita a registrare una ideologia che già c'è ma la sostiene, la diffonde, la alimenta, la legittima.

Se davvero crede quello che ha scritto cambi mestiere o almeno legga un testo di analisi dei mass media di una qualunque delle nostre università.
Anche quelle cattoliche che magari criticano la presenza di perosne gay negli spot proprio perchè la loro presenza ne legittima l'esistenza, la visibilità contribuisce a familiarizzare e a scalfire lo stigma contro l'omosessualità quello che lei non crede gli spot o i mass media in generale possano sostenere ma si limitino a registrare.

Se lei giustifica lo status quo adducendo che l'omofobia è diffusa è perchè in realtà a lei questa situazione sta bene se no protesterebbe con chi boicotta Barilla e non lo giustificherebbe dicendo che lui segue londa.

Eh no Ballardini!

Barilla l'onda la cavalca e ha scelto di cavalcare questa invece di un'altra cosa che si può fare e che per esempio Ikea ha fatto anche se dopo Giovanardi accusò quello spot di essere addirittura anticostituzionale.

Alla faccia dello spot che non cambia una mentalità!

Naso invece lei è ancora più disgustosamente omofobico visto che ci dà delle isteriche che sono impegnate tutto il tempo a sentire Madonna.

Detto ciò, la reazione isterica e incontrollata della comunità gay, o almeno delle sue propaggini sul web, è persino più fastidiosa. È partito il boicottaggio alla pasta più famosa del mondo, con i leader tradizionali del movimento LGBT pronti a mettersi in prima fila (causa ricerca di visibilità narcisistica e tradizionalmente rainbow) e a fomentare gli istinti più bassi di gente che per 364 giorni l’anno se ne infischia della “causa” e dei diritti civili (come biasimarli? Miley Cyrus e Madonna rubano molto tempo) e poi si lanciano in strampalate crociate politically correct per censurare un’opinione, per quanto stupida e insopportabile.
Segno evidente che questo paese è ancora profondamente patriarcale e fascista

Fa tropo comodo rifarsi alla libertà di pensiero per difendere chi dice cose che discriminano certe categorie di persone solo perchè la si pensa nello stesso modo come lei dimostra in questo suo articolo grondante di pregiudizio  e odio omofobico.
E le donne caro Naso?
Le affermazioni maschiliste per le quali anche si è deciso di fare boicottaggio perchè non le prende in considerazione?

Perchè nemmeno le nomina, le cita, ne fa un larvale riferimento?

Perchè lei evidentemente è un uomo maschilista propri come lo è Barilla e nemmeno si accorge di esserlo.

E pensare che c'è chi compra Il fatto diretto dal pupillo di un grande fascistone come Montanelli dopo la sua morte sdoganato anche a sinistra...



Se i commenti delle lettrici sono una cartina tornasole dello stato di salute della democrazia italiana la nostra è allora una zombie. Sui commenti all'articolo di Roma Today sull'aggressione omofobica ai danni di Ercole.

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Questo è Ercole, un cittadino italiano, residente a roma.

La sera del 22 settembre scorso si trovava nei pressi della stazione Cipro della metro A.

Ercole come racconta lui stesso sul sito la fenicegay stava scrivendo un post sul suo palmare quando


sentendo qualcuno che mi rivolgeva la parola, smetto di scrivere.
-” scusa hai una sigaretta?“. Non distolgo lo sguardo dal mio taccuino e con noncuranza rispondo: ” mi dispiace non fumo”.
L’individuo che non avevo neanche focalizzato incalza: “ beh che stai a fare a quest’ora qui da solo seduto su questa panchina?“.
La mia voce esce con naturalezza così come la risposta .. Non ci penso neanche un istante.
-” prendo degli appunti frattanto che aspetto il mio compagno“.
La voce dell’individuo si trasforma divenendo minacciosa venate di rabbia .. Frustrazione di un essere di un essere incompleto.
-” ma allora sei un Finocchio .. un Frocio di Merda!!“. Alzo lo sguardo: vedo un testa di cazzo dalla testa rasata e gli occhi di ghiaccio.
Un microsecondo ed un pugno c’entra il mio occhio destro fracassandomi l’arcata sopracciliare il viso mi si riempie di sangue, mi chiudo a riccio intontito dal dolore altri tre pugni mi colpiscono al naso alla nuca ed ancora sul viso. Frattanto che sento quel l’essere disadattato continuare a ringhiare.. Finocchio..Frocio di Merda.Io sto li rannicchiato seduto ancora sulla panchina gocciando sangue copiosamente sento altri due individui avvicinarsi e dire all’aggressore: “eddai gliele hai suonate andiamo prima che arrivi qualcuno.. Hai fatto bene fratello sto rottinculo….”.

Questo è Ercole dopo l'aggressione.


Ercole si sta riprendendo ma è ancora scosso tanto da avermi confidato che fa fatica a dormire.

Non voglio strumentalizzare questa aggressione per sostenere l'urgenza di una vera legge contro l'omofobia. Perché nessuna legge può impedire quello che è accaduto a Ercole. La legge in questione serve solo a dare pene più severe ai suoi aggressori, se mai verranno presi.


Una cosa posso dire con certezza. che i tre aggressori si sono sentiti legittimati nel loro gesto anche grazie al clima di odio, discriminazione, avversione contro le persone omosessuali bisessuali e trans, in cui il nostro paese è immerso.

Per educare il paese al rispetto e alla solidarietà non bastano mille leggi ma un intervento capillare nelle scuole nei posti di lavoro nei mass media sostenuto e finanziato dallo Stato d e dagli enti Locali.

Ognuna di noi deve fare pressione con le politiche le sindacaliste i colletti bianchi che conosce affinché quest'aggressione non passi inosservata e il volto tumefatto di Ercole serva almeno per prendere provvedimenti PREVENTIVI e non punitivi.

La situazione è grave non solo per la maschera di sangue in cui Ercole versava dopo l'aggressione ma anche per l'altra faccia (feccia?) della medaglia. Basta leggere i commenti dei lettori di Roma Today che ha riportato la notizia.

Da chi invoca una vendetta che non li rende migliori dei tre aggressori a chi mette tra parentesi la componente omofoba affermando che gli aggressori si sono accorti della sua omosessualità solo dopo che liui glielo ha detto eh già ma infatti mica lo hanno menato prima  e i commenti Finocchio..Frocio di Merda.
eddai gliele hai suonate andiamo prima che arrivi qualcuno.. Hai fatto bene fratello sto rottinculo sono random anche quelli probabilmente...) a chi rivendica il pestaggio di proprio figlio che non è gay (eh già ma Ercole sì ed è stato picchiato per quello...) a chi, infine, vede nei teppisti che aggrediscono i gay la prova di una omosessualità latente (che non vuol dire nulla perchè altrimenti dovrebbe esistere anche una eterosessualità latente ma questa espressione è priva di significato, ergo lo è anche l'altra). Chi dice che gli omofobi sotto sotto siano gay non si rende conto di fare un commento omofobo. Non si tratta di persone che hanno paura ma di persone che odiano perchè l'omosessualità fa loro schifo. Commento omofobo e infatti dopo lo stesso dice che se due gay si baciano in pubblico lo fanno per provocare.

Ecco di fronte a questi commenti non potendo optare per la soluzione suggerita da Platone ne La repubblica (lo sterminio di massa di questi omofobi) bisogna educare. Educare con luna informazione corretta a partire dalla stampa, dagli altri media e dalla rete.

Ognuna di noi può farlo. Ognuna è chiamata a intervenire, correggere, criticare, educare.

Altrimenti quei segni di violenza sul volto di Ercole li abbiamo inflitti un po' anche noi.

i commenti all'articolo di Roma Today

L'omofobia altra faccia del maschilismo. Nessuno ne è immune. Tantomeno i gay.

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Ricorderete di Ercole che è stato aggredito in quanto gay.

L'ho contattato è stato gentile e disponibile nello spiegarmi i fatti e nel dirmi come stava (ancora scosso).

Abbiamo scambiato due idee sull'omofobia che per lui è una patologia da curare e per me un pensiero politico illegittimo da contrastare.

Poi oggi, dietro segnalazione di Ercole, leggo in una pagina facebook dove si equipara ancora l'orientamento sessuale all'identità di genere.

La pagina è di un gruppo favorevole alle terapie riparative. Dove, guarda un po', si inneggia a Barilla.

Un gruppo omofobo che esprime odio nei confronti dei gay chiamandoli deviati  al punto tale da sposare l'idea di chiunque dia loro contro anche se questo qualcuno esprime idee maschiliste e contro le donne.

Vado a leggere chi è questa Ines Brambilla e scopro che ha espresso dubbi sulla veridicità dell'aggressione a Ercole.

Come risposta il compagno di Ercole le risponde così.



Chiedo conferma ad Ercole che mi dice Sono cose che scappano per rabbia.

Tanto mi basta.
Tolgo Ercole dalle amicizia di facebook e prendo le distanze dal modo di pensare suo e del suo compagno.

Esprimo tutta la mia solidarietà a Ines Brambilla, poco importa se Ines esiste davvero e se davvero è una donna o è solo un avatar.

Il compagno di Ercole ha augurato a una donna di essere stuprata e trovo questo fatto grave tanto quanto l'aggressione subita da Ercole.

Pur non essendo d'accordo di una virgola con quanto scrive e pensa Ines questo non mi autorizza certo ad augurarle di essere stuprata.

E la rabbia addotta da Ercole non c'entra perchè la logica dello stupro, la logica della violenza non può avere mai legittimità politica e a me non verrebbe mai di scrivere a una donna mi auguro che ti stuprino non importa quanto posso odiare le idee di questa persona.

LA DIGNITA' UMANA NON PUO' MAI VENIRE MENO. 


Altrimenti non sono affatto diverso da questa persona che dico di odiare.

Il linguaggio patriarcal maschilista va cancellato sempre e comunque altrimenti non si capisce come si possa combattere l'aggressione subita da Ercole se poi si usa la stessa ideologia per un proprio tornaconto.

Tra l'altro l'idea che lo stupro di Ines possa in qualche modo risarcire Ercole o chi per lui dal danno morale subito perchè si mette in dubbio la veridicità di una aggressione subita è umanamente così misera e disumana che dimostra come essere gay non garantisce né una maggiore sensibilità (come vuole il luogo comune) né un maggiore rispetto.

Un gay può essere un porco maschilista quanto ogni altro uomo. Il compagno di Ercole lo ha testé dimostrato.

Questo nel caso ci fossero ancora dubbi sul fatto che essere gay identifichi un unico tipo di persone tutte uguali come pure si pretende ogni volta che qualcuno dice voi gay.

Tutta la mia solidarietà a Ercole per l'aggressione subita.

Tutto il mio ludibrio per il suo comportamento che minimizza l'aggressione verbale machista del suo compagno ai danni di una donna.

C'è ancora moltissimo da fare in questo paese.



Mina versus Barilla

Di chi subisce un atto discriminatorio e lo denuncia viene messa in discussione persino l'esistenza. A proposito dell trattamento discriminatorio subito da due turisti americani con figlio al seguito al museo Etrusco Guarnacci di Volterra

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Apprendo la notizia dal sito Gay.it che come al solito titola con un orribile
Due gay e un bambino non sono famiglia, niente biglietto al museo.

Per raccontavi questa storia di discriminazione italiota mi rifaccio alla fonte primaria (in coda al post la traduzione in italiano per chi non sa l'inglese (e imparatevelo no?!) cioè la review su TripAdvisor



Questa coppia di uomini - e non di gay perchè l'orientamento sessuale è irrilevante e perchè il fatto di essere una coppia non ne fa necessariamente due gay (uno o entrambi potrebbero essere bisex, o considerarsi etero e avere un comportamento sessuale bisex o gay) ma si sa, vuoi mettere quante ricerche attira la parola gay nei motori di internet? ammetto che magari queste distinzioni non sono chiare a tutti e tutte ma a chi scrive su un sito gay dovrebbero esserlo, o no? - chiede alla cassa del Museo Etrusco di Volterra di pagare il biglietto famiglia e si sente rispondere in italiano e in malo modo che loro non sono famiglia perchè la famiglia è formata da un uomo e una donna.

C'è modo e maniera di dire le cose, commentano i due uomini che si dicono anche disposti ad accettare la politica dei prezzi del museo ma che ci si poteva rivolger loro in un altro modo.

Adesso viene il bello. I commenti del direttore del museo e del sindaco di Volterra se veritiere, così come sono state riportate da alcuni quotidiani online, hanno del grottesco e del fascista (nazista?).

Secondo Blitz Quotidiano

«Il post che gira in rete – dicono dal Comune – non è firmato e come foto riporta quella di un cagnolino, per cui risulta molto difficile verificarne l’autenticità. Certo nei prossimi giorni faremo tutte le verifiche del caso per capire se e cosa è accaduto. Sicuramente il regolamento del museo prevede la riduzione del biglietto famiglia per «due adulti e tre giovani tra i 6 e i 18 anni» dunque non è in alcun modo discriminante»”.
Marco Buselli, sindaco di Volterra, ha commentato:
“«L’accoglienza e l’ospitalità sono da secoli tratti distintivi della nostra comunità. Il nostro regolamento non entra nel merito di questioni di genere, ma parla genericamente di bambini accompagnati da adulti, per cui non esiste la possibilità che qualcuno possa essere discriminato. Pertanto l’episodio, di cui peraltro non ci è pervenuta segnalazione ufficiale, qualora si sia verificato è esclusivamente da ricondurre ad un’interpretazione non richiesta da parte di un operatore»”.
Dunque secondo Blitz quelli e quelle del comune mettono in dubbio addirittura la veridicità del commento su TripAdvisor perchè l'avatar è un cagnolino e il commento non è firmato Il che è falso.
Il commento non può essere anonimo secondo i regolamenti del sito ed è firmato da uno pseudonimo che è cosa diversa da dire che non è firmato.

Lo pseudonimo è RoaminChicagoBoys che corrisponde a un classico profilo di TripAdvisor, con tanto di registro delle attività di quell'account.


col quale si può comunicare e mandare un messaggio, come ho fatto io chiedendo aiuto per dimostrare che loro esistono davvero e non sono un falso profilo.

Quello che un giornalista serio avrebbe fatto invece di limitarsi a riportare una insinuazione talmente schifosa da ricordare le giustificazioni dei nazisti che obbedivano agli ordini.

Il sindaco di Volterra pretende addirittura che i due turisti americani riempissero un form di protesta ufficiale, in italiano, della cui esistenza nessun sa nulla e del quale l'addetta alle casse sicuramente non ha loro detto nulla se ha smesso di parlargli dopo aver sputato in faccia la sua opinione.

Insomma i due non solo sono stati discriminati e nel caso si tratta di una discriminazione di genere e non di orientamento sessuale ma sono anche accusati di essersi inventati la notizia, peggio, di non esistere proprio. Infatti per la donna alla biglietteria loro non sono famiglia e dunque non sono tout court.

Appena i due uomini mi scrivono vi faccio sapere.


Questo incidente è un esempio perfetto per dirimere la vexata quaestio sui diritti di tutti e tutte e sul diritto di pensiero. La donna alla cassa ha tutto il diritto di pensare che una famiglia sia solo quella composta da un uomo e una donna, ma non può dirlo pubblicamente quando è al lavoro lasciando che questa sua opinione discrimini le altre persone.

Il diritto di opinione non può trasformarsi in diritto di discriminare.



Pur comprendendoche l'Italiaè la sededella fede cattolica, e che chela nostra famiglianon è accettatain molteparti del mondo, siamo però nel 2013 equindi semplicementenon eravamo preparatiperlo schiaffoin facciache abbiamo ricevutoin questo museo.Mentre stavamo entrando, abbiamo lettoiprezzi dei biglietti, e, forseessendoabituati alla definizionidi "famiglia" usata dai musei di Chicago, quella di dueadulti con bambini, sorridendoabbiamochiesto uningressoper famiglia. La donna alla cassa invecesi arrabbia moltoeci grida initalianoche una famigliaè composta dauna madre eun padre, e NON da dueuomini. Poigira la testaper tagliareogni ulteriore comunicazione. Quindi, ce ne siamo andati, arrabbiati e delusi. Mentrepossiamo certamenterispettarela politica dei prezzi dei biglietti d'ingresso del museo la cosa avrebbe potuto esserestata gestita in modo diverso. E statofastidioso pernoi eper nostro figlio e [la cosa] dipinge di pallido l'impressione che abbiamo ricevuto da Volterra.

Macklemore non ha vinto gli MTV Awards perchè è bianco, etero e cisgender ma per il testo davvero incisivo e politicamente impegnato a differenza dei testi dei e delle cantanti lgbtq che parlano di amore o accusano i rivali di essere gay passivi...

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Accade che quest'anno a vincere come miglior video con un messaggio sociale (Best Video with a Social Message”) agli  MTV Video Music Awards 2013 sia stato questo video:


 
Sottotitolo in italiano da Repubblica.

Questo il testo inglese:

[Verse 1: Macklemore]
When I was in the 3rd grade
I thought that I was gay
Cause I could draw, my uncle was
And I kept my room straight
I told my mom, tears rushing down my face
She's like, "Ben, you've loved girls since before Pre-K!"
Tripping, yeah, I guess she had a point, didn't she?
A bunch of stereotypes all in my head
I remember doing the math, like
"Yeah, I'm good at little league"
A pre-conceived idea of what it all meant
For those that like the same sex had the characteristics
The right-wing conservatives think it's a decision
And you can be cured with some treatment and religion
Man-made, rewiring of a pre-disposition, playing God
Ahh, nah, here we go
America the brave still fears what we don't know
And "God loves all his children" is somehow forgotten
But we paraphrase a book written thirty-five hundred years ago
I don't know

[Hook: Mary Lambert]
And I can't change
Even if I tried
Even if I wanted to
And I can't change
Even if I tried
Even if I wanted to
My love, my love, my love
She keeps me warm [x4]

[Verse 2: Macklemore]
If I was gay I would think hip-hop hates me
Have you read the YouTube comments lately?
"Man, that's gay" gets dropped on the daily
We've become so numb to what we're saying
Our culture founded from oppression
Yet we don't have acceptance for 'em
Call each other faggots
Behind the keys of a message board
A word rooted in hate
Yet our genre still ignores it
"Gay" is synonymous with the lesser
It's the same hate that's caused wars from religion
Gender to skin color, the complexion of your pigment
The same fight that led people to walk-outs and sit-ins
It's human rights for everybody, there is no difference
Live on! And be yourself!
When I was in church they taught me something else
If you preach hate at the service, those words aren't anointed
That Holy Water that you soak in has been poisoned
When everyone else is more comfortable remaining voiceless
Rather than fighting for humans that have had their rights stolen
I might not be the same but that's not important
No freedom til we're equal
Damn right I support it

[Trombone Interlude]
I don't know

[Hook]

[Verse 3: Macklemore]
We press play, don't press pause
Progress, march on!
With a veil over our eyes, we turn our back on the cause
'Til the day that my uncles can be united by law
Kids are walking around the hallway
Plagued by pain in their heart
A world so hateful
Some would rather die
Than be who they are
And a certificate on paper
Isn't gonna solve it all
But it's a damn good place to start
No law's gonna change us
We have to change us
Whatever god you believe in
We come from the same one
Strip away the fear, underneath, it's all the same love
About time that we raised up!

[Hook]

[Outro: Mary Lambert]
Love is patient, love is kind
Love is patient (not crying on Sundays)
Love is kind (not crying on Sundays)
Love is patient (not crying on Sundays)
Love is kind (not crying on Sundays)
Love is patient (not crying on Sundays)
Love is kind (not crying on Sundays)
Love is patient (not crying on Sundays)
Love is kind (not crying on Sundays)
Love is patient (not crying on Sundays)
Love is kind (not crying on Sundays)

La canzone è cantata dal rapper, bianco ed etero,  Ben Haggerty, aka Macklemore che ha vinto il premio con il suo produttore Ryan Lewis. Il brano vede la partecipazione della cantante Mary Lambert, dichiaratamente lesbica (è lei che canta i versi anche se volessi cambiare non potrei ma il mio amore, lei, mi riscalda, che fanno parte della sua canzone She Keeps Me Warm).

Personalmente i versi Non potrei cambiare anche se provassi non mi piacciono affatto, anche se capisco che si oppongono alle convinzioni sbagliate di chi pretende che l'omosessualità sia una scelta e che in quanto scelta si possa cambiare, o guarire

Per cui è vero che se provassi a cambiare non potrei certo cambiare la mia omosessualità.

Però sarei anche stufo di questo vittimismo del ah magari potessi ma anche se volessi non potrei.

Perchè io adoro essere gay
Io amo gli uomini, cioè i ragazzi, e non vorrei rinunciare all'amore per i ragazzi o al loro amore nei mie confronti. E' una cosa che mi rende felice nonostante le critiche e le pressioni sociali.
D'altronde non sono le mie uniche convinzioni che non trovano un riscontro maggioritario: vi pare forse che del sessismo freghi niente a qualcuna? O della scienza? O dei diritti animali?  


E' una vita che mi sento solo e non certo per il mio orientamento sessuale che, a proposito, non riguarda mica solo il sesso, ma anche chi amo.

Perchè sesso con una donna l'ho pure fatto eppure mi capita di innamorarmi solo di uomini...

Per cui mi piacerebbe anche sentire il verso di una canzone dire e anche se potessi non lo vorrei perchè io sono felice di essere gay.


Ma divago, come al solito.

Torvo su internet un articolo di
Emma Joslyn pubblicato dall'Huffington Post (U.S. mica quella ciofeca italiana...) dove Emma tra le altre cose makes a point quando dice che se Macklemore ha vinto gli MTV Awards è perchè è bianco, etero e cisgender (il suo comportamento corrisponde allo stereotipo di genere del suo sesso biologico).

Emma non crirtica questa vittoria ma ricorda che c'è una intera comunità queer che da sempre fa musica pro lgbtq e che va sostenuta anche lei e non solo il mainstream bianco ed etero.


Come non essere d'accordo con lei?

Questi sono alcuni dei musicisti e delle musiciste che Emma indica e invita a sostenere:

(...) Nhojj, an R&B artist who became the first gay indie artist to reach the number-one spot on MTV's Music Top 100 chart in 2010.
(...) Christine Martucci, who also topped the music charts;
Jamaican reggae fusion artist Diana King, who rocked her home country when she came out last summer;
transgender rap artist Foxx Jazell (che però in una canzone attacca un rappert concorrente dandogli del gay passivo...);
and multiple-Billboard-Top-5-chart-topping indie recording artist Jason Walker, whom record executives have referred to as very talented but "too gay."
Scopro però che nessuno di questi testi è incisivo da un punto di vista dei contenuti.


Anche il testo della rappres transessuale è omofobico perchè in una canzone accusa un cantante rivale di essere un gay passivo.



Nessuno di questi testi è insomma diverso da una qualsiasi delle tanto tradizionali canzoni d'amore fatte da etero per etero...

E allora what the fuck? Macklemore sarà anche bianco, etero e cisgender, ma almeno il suo testo ha uno statement politico molto più incisivo di quello del testo di Jason Walker che ci dice che per amore chiunque mente...


Con le migliori intenzioni. Il pregiudizio sull'omosessualità si nasconde purtroppo anche nelle persone gayfriendly. L'esempio del blog Gemelli Ribelli.

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Il post nasce con le migliori intenzioni e vorrebbe spezzare una lancia a favore dell'omosessualità, considerandola come una delle opzioni di default.
La sua autrice madre di due gemelli di due anni dice di volerli crescere con questa idea.

Purtroppo anche partendo da una intenzione così encomiabile questa mamma cade in alcuni equivoci che dimostrano come il pregiudizio e la disinformazione sull'omosessualità si annidi anche in chi è mosso dalle migliori intenzioni.

Già nell'incipit questa mamma mostra le idee confuse, confusissime, quando si riferisce all'omosessualità come a una scelta sessuale.

E' d'uopo ricordare a questa donna disinformata che l'omosessualità non è una scelta proprio come lei non ha scelto di essere etero e, cosa ancora più importante,  che l'orientamento sessuale non riguarda solamente il sesso ma anche l'affettività.


Non è una questione di parole, ma di concetti. Scelta sessuale è doppiamente infelice e non andrebbe mai usato.

Non per questo, però, l'assunto del post l'intenzione della madre di evitare di condizionare i figli nel processo di presa di coscienza di quello che sono e che saranno non è condivisibile, anzi, è senza dubbio encomiabile.
 Anche il fatto che la mamma dica ai suoi due bambini che da grandi avranno una fidanzata o un fidanzato è una scelta fantastica. C'è da commuoversi, davvero.

Però la maggior parte del post non verte sull'orientamento sessuale ma sul sessismo, cioè sui ruoli e gli stereotipi di genere.

Infatti quando la mamma si chiede

Come si costruisce quindi, insieme a dei duenni il concetto di genere e sessualitá senza cadere nella trappola del condizionamento sociale?
L'orientamento sessuale in questa domanda non c'è.  A meno che l'orientamento sessuale non sia per lei riassunto nella parola sessualità. E i sentimenti?

Comunque sia nel resto del post la nostra mamma parla solo di lotta contro il sessimo che con l'omosessualità c'entra come i cavoli a merenda.


Eppure nel raccontare la reazione dei familiari a queste sue lotte contro il sessimo la nostra tradisce un pregiudizio sull'omosessualità:

quando i gemelli mi guardano mentre mi metto lo smalto sulle unghie dei piedi e lo vogliono anche loro…io lo faccio. (...) Tutti felici se ne vanno dai nonni con le unghie rosse e a me arrivano all’istante occhiate di rimprovero. Ora, non è che i nonni siano omofobi,
Se i nonni guardano con rimprovero la mamma perchè fa mettere ai figli di due anni lo smalto rosso i nonni non sono omofobi ma sono sessisti.

Lo smalto, che è un cosmetico femminile, non denota omosessualità!!!

Annoverare la reazione  negativa dei nonni allo smalto rosso come omofobia vuol dire dare per scontato e per tacito che gli omosessuali si mettano lo smalto rosso...

Adesso essere gay non significa essere Platinette...

Se un bambino vuole mettersi lo smalto o vuole giocare con le bambole

a) non per questo è meno virile o meno maschio.

b) non per questo sarà sicuramente omosessuale.

La confusione che nel post si fa tra ruoli di genere e omosessualità (senza tenere conto che poi si dovrebbe distinguere tra comportamento* e orientamento* sessuale) indica un (pre)giudizio sull'omosessualità che vede i maschi gay come femmine mancate e le femmine lesbiche come maschi mancati.

Un pregiudizio talmente interiorizzato che anche questa mamma nonostante la sua battaglia contro il sessismo dimostra di avere ben radicato.

Dopo aver fatto notare tutta una serie di atteggiamento sessisti delle persone che la circondano che lei trova a ragione ingiustificati alla fine quando negli altri il sessismo si trasforma in preoccupazione che i due bambini possano così diventare gay la nostra mamma non rispedisce al mittente questo odioso pregiudizio perchè infondato ma lascia intendere che anche se fosse non ci sarebbe niente di male. 

Per lei evidentemente se il rosa in un maschietto non fa femmina fa sicuramente gay.

Questa mamma deve fare un passo ulteriore e insegnare ai suoi figli che mettersi lo smalto non fa di loro due gay e che essere gay non significa scopare con persone del proprio sesso ma amare, innamorarsi, volere vivere con altri uomini come loro.


Una ultima questione.

Le opzioni in fatto di orientamento sessuale non sono due come crede questa mamma, si può anche essere bisex.

Anzi secondo Kinsey siamo tutte bisex anche se possiamo avere più ricorrenze etero o omo.

Le persone etero o omo pure sono una minoranza...


*Mentre l'orientamento sessuale indica come io mi identifico e mi sento rappresentato o mi voglio presentare al mondo se gay, etero o bisex, il comportamento sessuale indica con chi vado a letto e con chi mi faccio storie.

Così io posso percepirmi etero, dichiararmi tale, presentarmi al mondo come etero eppure fare sesso e farmi storie anche con altri uomini. Non perchè nasconda la mia omosessualità (visto che, nel caso, sono bisex e non gay...) ma perchè non mi riconosco, non mi sento rappresentato dall'orientamento sessuale gay...

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